A cura di
Avv. Damiano Di Maio, LLM (Queen Mary University of London, Banking and Finance)
Andrea Vianelli, LLM/Ms.c. (Queen Mary University of London, Law and Economics)
Indice
Gli impatti del nuovo Regolamento Intermediari sulla funzione di conformità
Orientamenti ESMA in tema di product governance: alcuni aspetti peculiari
– Obblighi di governance dei prodotti e la valutazione dell’idoneità o dell’adeguatezza
– Distribuzione di prodotti realizzati da entità non soggette agli obblighi di governance dei prodotti ai sensi della MiFID II
Premessa
A distanza di quattro anni dalla pubblicazione della Direttiva 2014/59 (MiFID II), il percorso di recepimento nell’ordinamento italiano, iniziato con le modifiche alla normativa primaria apportate al Testo Unico della Finanza dal d.lgs. n.129 del 3.08.2017, appare essere giunto a compimento mediante la pubblicazione della Delibera Consob n. 20307 (il “nuovo Regolamento Intermediari”), pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 7 alla Gazzetta Ufficiale n. 41 del 19 febbraio 2018. Ciò posto, l’interprete dovrà avere presente come siffatto corpus normativo sia – e sarà – costantemente integrato ed aggiornato dalle linee guida pubblicate (principalmente) dell’ESMA e delle altre autorità regolamentari europee, le quali assumono sempre più rilevanza nell’ambito di una (necessaria) armonizzazione della regolamentazione dei servizi finanziari a livello europeo.
Notevoli, a livello operativo, sono gli adempimenti che la rinnovata architettura normativa richiede. In particolare, la funzione di controllo di conformità (o anche, nel gergo tecnico, funzione di compliance) è chiamata ad assumere un ruolo sempre più da protagonista, all’interno delle imprese di investimento, per la concreta (e corretta) implementazione e verifica delle nuove norme.
Il presente contributo pertanto si propone in primis di illustrare sinteticamente le principali modifiche rispetto alla precedente normativa che impattano su detta funzione, per poi fornire, in raccordo con i profili di disciplina di vigilanza nazionale con quelli europei, un focus su un tema avente rilevanti effetti nel business dell’impresa di investimento: la product governance alla luce degli orientamenti ESMA recentemente recepiti dalla CONSOB.
Gli impatti del nuovo Regolamento Intermediari sulla funzione di conformità
Le norme oggetto della presente analisi, che disciplinano le attribuzioni in capo alla funzione di controllo di conformità sono contenute, tra le altre:
- all’art. 66 comma 2 del nuovo Regolamento Intermediari, che disciplina il ruolo della funzione di compliance nel governo degli strumenti finanziari in relazione agli intermediari produttori (vedi infra, sez. 2)
- all’art. 73, commi 2, 3 e 4 del nuovo Regolamento Intermediari[1], che disciplina il ruolo della funzione di compliance nel governo degli strumenti finanziari in relazione agli intermediari (vedi infra, sez. 2);
- all’articolo 89 del nuovo Regolamento Intermediari[2] che, nel disciplinare le modalità di esercizio del controllo di conformità, richiama a sua volta l’art. 22 commi 1 e 2 del Reg. 565/2017;
- all’art. 22 comma 3 del Reg. 565/2017, direttamente applicabile, che disciplina le condizioni per soddisfare le modalità di esercizio del controllo di conformità.
La disposizione di cui al citato articolo 89 del nuovo Regolamento Intermediari prevede, al comma 1, che: “Nelle modalità di esercizio della funzione di controllo di conformità gli intermediari di cui all’articolo 63-bis applicano l’articolo 22, paragrafi 1 e 2, del regolamento (UE) 2017/565”.
Al fine di una disamina delle novità intervenute a seguito della novella, occorre dunque interrogarsi e verificare se, le novità del richiamo del nuovo art. 89 del Regolamento Intermediari alle previsioni del Regolamento n.565/2017 (art. 22 commi 1 e 2), aggiungano o modifichino le previsioni dell’abrogato Regolamento adottato congiuntamente dalla Banca d’Italia e dalla Consob con delibera n. 16190 del 29 ottobre 2007, aggiornato con le modifiche apportate dalla delibera n. 19548 del 17 marzo 2016 (il “Regolamento congiunto”).
Nel Regolamento congiunto, la funzione di controllo di conformità era precedentemente disciplinata dall’art. 42; a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Regolamento Intermediari[3], tale articolo ha cessato di avere efficacia a decorrere dal 20 febbraio 2018.
In particolare, il richiamato art. 42 disponeva che:
“La funzione di controllo della conformità è disciplinata dall’articolo 61 del Regolamento (UE) 231/2013. Tale disciplina si applica, con i necessari adattamenti, anche con riferimento all’osservanza delle disposizioni normative in materia di OICVM e di servizi e attività di investimento”.
Rispetto alla precedente normativa, gli ulteriori obblighi in capo a detta funzione di controllo di conformità contenute nell’art. 22 commi 1 e 2 del Reg. 565/2017, possono così riassumersi:
- fornire assistenza ai soggetti rilevanti incaricati dei servizi e delle attività di investimento ai fini dell’adempimento degli obblighi che incombono all’impresa in virtù della direttiva 2014/65/UE[4] (rispetto alla mera consulenza contenuta nell’art. 61 del reg. 231/2013);
- nell’ambito del reporting (che rimane come in precedenza almeno annuale) all’organo di gestione (non più alta dirigenza), viene meglio specificato che la funzione di controllo di conformità dovrà riferire:
- in merito all’attuazione ed efficacia dell’ambiente di controllo complessivo per i servizi e le attività di investimento[5] (rispetto alla precedente versione che si riferiva a “relazioni su questioni attinenti all’osservanza della normativa”);
- ai rischi individuati[6];
- all’informazione sul trattamento dei reclami[7];
- nonché alle misure correttive adottate o da adottare (variato wording ma non sostanza rispetto alla precedente versione, che parlava di adozione di “misure appropriate per rimediare a eventuali carenze”).
Inoltre, la funzione di compliance ha la responsabilità di monitorare le operazioni del processo di trattamento dei reclami e considerare i reclami una fonte di informazione nel contesto delle responsabilità generali di monitoraggio (art. 22 comma 2 lett. d) del Regolamento 565/2017).
Nuova è anche la previsione dell’ultimo alinea del citato comma 2 art. 22 del Regolamento 565/2017, secondo cui, al fine di soddisfare i requisiti di monitoraggio permanente, valutazione periodica dell’adeguatezza delle procedure per individuare il rischio di non conformità alle previsioni della Direttiva MiFID II, ed assistenza di cui alle lettere a) e b) del citato art. 22 comma 2, la funzione di controllo di conformità conduce una valutazione che funge da base per stabilire un programma di monitoraggio basato sul rischio che prenda in considerazione tutte le aree dei servizi e delle attività di investimento e degli eventuali servizi accessori prestati o esercitati dall’impresa di investimento, incluse le informazioni d’interesse raccolte in relazione al monitoraggio del trattamento dei reclami. Il programma di monitoraggio stabilisce priorità determinate dalla valutazione del rischio di conformità, assicurando un monitoraggio esaustivo di tale rischio.
Le condizioni per soddisfare le modalità di esercizio del controllo di conformità sono ora contenute nell’art. 22 comma 3 del Regolamento 565/2017 (nella vigenza della normativa precedente, esse erano individuate nell’art. 61 comma 3 lettere c) e d), nonché all’art. 61 comma 3 ultimo alinea, del Reg. 231/2003).
In particolare:
- la funzione di controllo di conformità dispone dell’autorità, delle risorse e delle competenze necessarie e ha adeguato accesso a tutte le informazioni pertinenti (art. 22 comma 3 lett. a);
- l’organo di gestione nomina e sostituisce un funzionario preposto alla conformità che è responsabile della funzione di controllo della conformità e di qualsiasi informazione relativa alla conformità richiesta dalla direttiva 2014/65/UE e dall’articolo 25, paragrafo 2, del presente regolamento (art. 22 comma 3 lett. b);
- la funzione di controllo della conformità riferisce direttamente all’organo di gestione su base ad hoc quando riscontra un rischio rilevante di inadempimento da parte dell’impresa degli obblighi che le incombono in virtù della direttiva 2014/65/UE (art. 22 comma 3 lett. c).
Le lettere d) ed e) dell’art. 22 del Regolamento 565/2017, riprendono il contenuto delle lett. c) e d) dell’art. 61 del Reg. 231/2016, disponendo a tale riguardo che:
– i soggetti rilevanti che partecipano alla funzione di controllo della conformità non partecipano alla prestazione dei servizi e all’esercizio delle attività che sono chiamati a monitorare;
– il metodo per la determinazione della retribuzione dei soggetti rilevanti che partecipano alla funzione di controllo della conformità non ne compromette né rischia di comprometterne l’obiettività.
Le esenzioni all’applicazione di tali previsioni sono, in linea con la precedente normativa, parametrati sulla necessità per l’impresa di investimento di dimostrare che, tenuto conto della natura, delle dimensioni e della complessità dell’attività svolta e della natura e della gamma dei servizi e delle attività di investimento prestati o esercitati, gli obblighi di cui alla lettera d) o e) non sono proporzionati e che la sua funzione di controllo della conformità continua ad essere efficace (art. 22 comma 4 del Reg. 565/2017).
Tuttavia, differentemente alla precedente normativa (art. 61 Reg. 231/2013, comma 3 ultimo alinea), in tal caso, l’impresa di investimento ora deve:
- valutare se l’efficacia della funzione di controllo della conformità sia compromessa, e
- riesaminare a cadenza regolare tale valutazione.
Il ruolo della funzione di conformità nel governo degli strumenti finanziari. Intermediari produttori e intermediari distributori
Come sopra illustrato, interessanti novità impattano l’attività della funzione di conformità nell’ambito della nuova cornice normativa europea ed italiana; ciò, del resto, è reso ancor più evidente anche alla luce delle indicazioni in tema di product governance.
A tale riguardo infatti, la funzione compliance interviene sia nell’ambito della rinnovata disciplina del nuovo Regolamento Intermediari relativa (i) agli intermediari produttori, che (ii) agli intermediari distributori.
Essa avrà un ruolo:
- di guidance e supervision, per entrambe le fattispecie, nello sviluppo e nella revisione periodica delle procedure e delle misure di governo degli strumenti finanziari, al fine di individuare i rischi di mancato adempimento degli obblighi che le disciplinano;
- di inspection: mediante la redazione di relazioni sugli strumenti finanziari realizzati dall’intermediario e sulla strategia di distribuzione (per la fattispecie sub i)) e sugli strumenti finanziari offerti o raccomandati e sui servizi forniti dall’intermediario e sulla strategia di distribuzione (per la fattispecie sub ii));
- di frontend: nel mettere a disposizione della Consob, upon request, le relazioni;
- di instruction del personale in relazione alla comprensione dei rischi relativi alla violazione degli obblighi normativi sul governo degli strumenti finanziari.
Orientamenti ESMA in tema di product governance: alcuni aspetti peculiari
In data 5 febbraio 2018, l’ESMA ha pubblicato i suoi “Orientamenti sugli obblighi di governance dei prodotti ai sensi della MiFID II[8]”, indirizzati sia ad imprese di investimento soggette ai predetti obblighi, nonché alle autoritá regolamentari degli stati membri (gli “Orientamenti”).
A tal riguardo, la Consob ha recentemente comunicato[9] di aderire agli Orientamenti e di condividerne i principi applicabili.
Di conseguenza, lungi dal voler ripercorrere pedissequamente i tratti principali di tali Orientamenti, pare d’interesse soffermarsi su due peculiari aspetti degli stessi, ovvero, con riguardo agli obblighi in capo ai soggetti distributori:
- la relazione tra gli obblighi di governance dei prodotti e la valutazione dell’idoneità o dell’adeguatezza e
- la disciplina applicabile i tema di distribuzione di prodotti realizzati da entità non soggette agli obblighi di governance dei prodotti ai sensi della MiFID II.
Prima di addentrarsi nel tema di cui al punto (i) che precede, pare opportuno inquadrare, tra le principali obbligazioni spettanti in capo al distributore, l’individuazione del mercato di riferimento reale del prodotto finanziario.
Tale individuazione costituisce il nucleo della strategia di business del distributore, strategia che influenzerá non solo l’attivitá di marketing esterno del prodotto ma anche l’organizzazione interna della societá, nonché la suddivisione delle attivitá e target tra i vari dipartimenti della stessa. Nell’individuazione del mercato, il distributore dovrà altresì identificare e valutare adeguatamente la tipologia di servizio finanziario abbinata al singolo prodotto (i.e.: qualora un prodotto si presti, vista la tipologia della clientela, a servizi execution only ovvero necessiti delle tutele riconnesse alla prestazione di servizi di gestione del portafoglio).
Obblighi di governance dei prodotti e la valutazione dell’idoneità o dell’adeguatezza
Un tanto posto, quanto al primo dei due temi, spetta a sottolineare che l’identificazione del mercato di riferimento é elemento complementare e non alternativo al successivo suitability and appropriateness test che l’impresa finanziaria dovrà svolgere dinanzi alla prestazione di servizi di investimento quali consulenza finanziaria prestata su base indipendente e/o gestione del portafoglio.
Invero, qualora manchi, ovvero sia fallace, la prima componente – identificazione del mercato -, non vi sarà nemmeno un cluster di clienti a cui sottoporre il prodotto, applicando di conseguenza il predetto testa di idoneità ed adeguatezza.
Se la prima componente attiene al modello di business ed alla strategia commerciale del distributore, il secondo elemento attiene invece alla tutela dell’investitore, la quale non può non costituire un elemento complementare e, secondo lo spirito di MiFID II, preponderante rispetto alle logiche commerciali dell’impresa di investimento.
Distribuzione di prodotti realizzati da entità non soggette agli obblighi di governance dei prodotti ai sensi della MiFID II
L’ambito di applicazione della Direttiva MiFID II é delineato all’art. 2 della predetta Direttiva, il quale sottrae all’applicazione della stessa svariati soggetti (quali, ad esempio, fondi di investimento).
Ad ogni buon conto, spetta evidenziare che qualora i prodotti realizzati da soggetti non sottoposti a MiFID II siano distribuiti nel mercato, i distributori di tali prodotti sono comunque obbligati ad esercitare un livello di due diligence appropriato al fine di garantire ai propri clienti uno standard in tema di servizi e sicurezza analogo a quello esistente rispetto a prodotti concepiti da imprese di investimento soggette agli obblighi di governance dei prodotti derivanti da MiFID II.
In tal senso, si consideri la circostanza in cui il distributore non riceva (i) una descrizione del mercato di riferimento dal produttore o (ii) informazioni sul processo di approvazione del prodotto. Con riguardo all’elemento di cui alla lettera (i), il distributore dovrà individuare il «proprio» mercato di riferimento secondo canoni di adeguatezza e proporzionalità.
Relativamente all’elemento di cui al punto (ii), il distributore dovrà adottare, nei limiti della ragionevolezza, tutte le misure necessarie al fine di garantire che il livello delle informazioni ottenute sul prodotto dal produttore sia affidabile e appropriato, per garantire che i prodotti siano distribuiti secondo le caratteristiche, gli obiettivi e le esigenze del mercato di riferimento. In tal senso, il distributore dovrà supplire alla carenza di tali informazioni (chiare ed affidabili) nel pubblico dominio mediante il raggiungimento di un accordo con il produttore o con il suo agente per ottenere tutte le informazioni pertinenti che consentano al distributore di svolgere la valutazione del mercato di riferimento. Spetta a dire che tali misure si applicano sia con riguardo a prodotti venduti su mercati primari che secondari e, coerentemente ai principi sottostanti a MiFID II, la tipologia di misure adottabili dipenderà dal grado di complessità del prodotto in questione[10].
Inoltre, pare opportuno sottolineare che qualora il distributore non riesca a conseguire in alcun modo informazioni sufficienti sui prodotti creati da tali imprese non soggette a MiFID II, tale distributore dovrebbe evitare di annoverare tali prodotti nella propria offerta.
Conclusioni
In conclusione, pare evidente come la funzione di conformità assumerà un ruolo sempre di maggior rilievo nel controllo della business conduct dell’impresa di investimento.
Le nuove regole in tema di governance degli strumenti finanziari, unitamente a requisiti sempre più stringenti nella commercializzazione dei prodotti relativi ai diversi servizi di investimento, collocano tale funzione come importante punto di collegamento tra le esigenze del business e le esigenze di controllo interno ed esterno da parte delle Autorità di vigilanza.
Sarà dunque opportuno che detta funzione, ed è questa la grande sfida cui essa si trova dinanzi, analizzi ed implementi rapidamente il rinnovato – ma soprattutto, imponente – corpus normativo e regolamentare, al fine di efficientare processi, attività e competitività dell’impresa di investimento.
Note al testo
[1] Art. 59-quater del Regolamento Intermediari nella versione posta in consultazione.
[2] Art. 63-quater del Regolamento Intermediari nella versione posta in consultazione.
[3] Cfr.: art. 3 della Delibera n. 20307 del 15 febbraio 2018.
[4] Art. 22, comma 2, lett. b) del Regolamento 565/2017
[5] Art. 22 comma 2 lett. c) del Regolamento 565/2017
[6] Art. 22, comma 2, lett. b) del Regolamento 565/2017
[7] Art. 22, comma 2, lett. b) del Regolamento 565/2017. Con, riferimento alla previsione, sempre contenuta nella predetta lett. c), secondo cui la funzione di compliance dovrà riferire in merito alle misure correttive adottate o da adottare si segnala che è variato il wording dell’articolo ma non la sostanza rispetto alla precedente versione, che si riferiva all’adozione di “misure appropriate per rimediare a eventuali carenze”.
[8] Doc. 35-43-620 IT, consultabile in lingua italiana al seguente indirizzo web
[9] Si veda la comunicazione datata 22 febbraio 2018.
[10] In via esemplificativa, sono molteplici le informazioni che si possono raccogliere in via autonoma, senza un peculiare accordo con il produttore, rispetto ai c.d. prodotti plain vanilla.