L’usura è un tema di cui si parla molto negli ambienti bancari, tuttavia può ancora riservare degli aspetti di incertezza per quegli intermediari che da poco si affacciano alla materia, soprattutto in merito all’inclusione delle spese nel calcolo del TEGM.
Ai sensi del comma 1 dell’art. 644 c.p. il reato di usura si configura quando taluno si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari. Il reato di usura è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
Ai sensi del comma 2 dell’articolo 644 c.p., alla stessa pena soggiace chi procura a taluno una somma di denaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario, c.d. mediazione usuraria.
Un inasprimento delle pene è previsto, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo, se l’autore del reato ha agito nell’esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare. In tal caso, infatti, le pene sono innalzate da un terzo alla metà, arrivando ad una pena di detenzione fino a 20 anni e sanzioni fino a 60.000 mila euro.
Dalla lettura delle disposizioni di cui sopra, emerge chiaramente che il reato di usura si configura in presenza di uno scambio di prestazioni alternative in forza delle quali: l’autore del reato presta denaro o altra utilità, mentre il soggetto passivo dà o promette al soggetto attivo, interessi o altri vantaggi usurari.
Ciò detto, emerge chiaramente l’esigenza di stabilire il momento in cui gli interessi/vantaggi corrisposti al soggetto attivo possano qualificarsi come usurari.
Sul punto è intervenuto il Legislatore del 96 stabilendo che il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari deve essere determinato in base al tasso effettivo globale medio (TEGM) praticato dalle Banche, comprensivo di commissioni e remunerazioni a qualsiasi titolo e spese (articolo 2 L. 108/96).
Tale formula risulta in linea con quella di cui al comma 4 dell’articolo 644 c.p., ai sensi del quale per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.
Sono, quindi, incluse nel calcolo tutte le spese inerenti l’erogazione, la fruizione e l’estinzione del finanziamento quali: spese di istruttoria pratica, commissioni d’incasso, assicurazione, attualizzazione, interessi di preammortamento, penali di anticipata estinzione/ penale di risoluzione, gli interessi di mora.
È chiaro come il Legislatore del 96 abbia delineato una figura di usura di tipo oggettivo, connessa al solo fattore del superamento del tasso soglia. Sul punto occorre precisare che l’articolo 644 del c.p., nella sua originaria formulazione, prevedeva lo stato di bisogno o di difficoltà economico-finanziaria, quali fattori soggettivi necessari per la configurazione del reato medesimo. Tali elementi a seguito dell’intervento riformatore del Legislatore del 96 sono degradati da elementi costitutivi del reato di usura a circostanze aggravanti del reato stesso.
Lo stesso Legislatore del 96 è intervenuto anche sulla disciplina civilistica dell’usura, riformulando l’art. 1815 c.c., mediante la previsione della nullità della clausola del contratto di mutuo ove prevedesse interessi usurari con la conseguenza della non debenza di alcun interesse da parte del mutuatario. La precedente previsione normativa prevedeva solamente la rideterminazione e corresponsione degli interessi nella misura legale. Ne consegue che la nuova disciplina qualifica il contratto di mutuo a titolo gratuito, ab origine, ove si dovesse rilevare la previsione di un interesse usurario.
Ragionando sulla collocazione dell’articolo 1815 c.c., esso è collocato nel CAPO XV del Codice Civile rubricato “del Mutuo”, quindi, apparentemente norma speciale applicabile esclusivamente a questi contratti. Tuttavia, con la sentenza n. 12965 del 22 giugno 2016, la Cassazione ha affermato che tale articolo non si debba ritenere una norma speciale dando un’interpretazione estensiva della nozione civilistica di mutuo, come ogni concreta situazione in cui una parte consegna all’altra una quantità di denaro e l’altra si obbliga a restituirne altrettanta quale remunerazione del contratto e, quindi, estendendone l’applicabilità a qualsiasi contratto, come leasing, cessione del quinto e apertura in conto corrente ed in generare ai contratti di finanziamento che comportano lo scambio di prestazioni alternative mediante la conclusione di contratti sinallagmatici.
L’usura è un tema di cui si parla molto negli ambienti bancari, tuttavia può ancora riservare degli aspetti di incertezza per quegli intermediari che da poco si affacciano alla materia, soprattutto in merito all’inclusione delle spese nel calcolo del TEGM. Questo elevato grado di incertezza rischia, come spesso accade, di pregiudicare l’attività degli intermediari ed un supporto consulenziale di professionisti del settore è essenziale.
Link: Articolo originale (a cura di Comply Consulting )