PENSIONI MINIME 2025: Scopri perché non ci saranno “penalizzazioni”!

È decisamente più semplice ironizzare su un incremento di 3 euro al mese nelle pensioni minime piuttosto che approfondire e spiegare la logica di tale aumento, omettendo di menzionare che il Governo, con la recente manovra finanziaria, ha reintegrato il sistema tradizionale di adeguamento delle pensioni al costo della vita. Questo metodo era stato alterato dal 2007 in poi, soprattutto a danno delle pensioni di ammontare medio-alto, con l’unica eccezione positiva della Legge di bilancio approvata dal Governo Draghi, valida solo per un anno. La revisione dell’adeguamento automatico delle pensioni rappresenta una strategia efficace per incrementare le entrate, specialmente in periodi di elevata inflazione come quelli seguiti alla crisi sanitaria globale e all’attacco russo all’Ucraina, eventi che hanno destabilizzato i mercati energetici e delle materie prime.



Nella legge di bilancio del 2025 si torna a un regime standard che prevede un’indicizzazione completa al 100% del costo della vita per la parte di pensione fino a quattro volte il trattamento minimo, del 90% per la parte tra quattro e cinque volte il minimo e del 75% per quella superiore a cinque volte. Come già menzionato, questa metodologia era stata applicata fino al 2007, dopodiché si sono viste diverse modalità di indicizzazione che hanno ridotto in modo permanente il valore delle prestazioni. Senza ripetere quanto già esposto in un precedente articolo su Il Sussidiario, riportiamo nella tabella a seguire le percentuali di indicizzazione automatica attuali.



Per quanto riguarda il trattamento minimo, è stato introdotto un aumento compensativo che ha portato l’importo da 598 a circa 614 euro, specificando che tale misura sarebbe stata valida solo per quell’anno. Tuttavia, il Governo ha rilevato che anche con l’applicazione corretta della scala di indicizzazione sull’importo originale di 598 euro, con un’inflazione di riferimento dell’1,6%, il totale della pensione minima nel 2025 sarebbe stato inferiore a quello dell’anno in corso. Di conseguenza, è stata stabilita un’indicizzazione del 2,2%, con un aumento di soli 3 euro rispetto al 2024 (da 614 a 617 euro mensili). In sintesi, l’indicizzazione sarà del 2,2% nel 2025 e dell’1,3% nel 2026. Nel 2024, l’indice di indicizzazione all’inflazione per questi trattamenti era stato fissato al 2,7% (così l’importo è passato da 598 a 614 euro).

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È complesso spiegare, dopo aver promesso pensioni minime di mille euro al mese, che un aumento simbolico (paragonato al costo di due caffè) si traduce in una scala di aliquote più equa, beneficiando quei pensionati che per anni hanno subito i tagli alla perequazione. Come indicato in un’analisi di Itinerari previdenziali, il periodo più critico per i pensionati fu quello del Governo Monti nel 2012/13, quando la rivalutazione delle pensioni oltre quattro volte il minimo fu praticamente annullata, penalizzando anche quelle tra tre e quattro volte il minimo, con un’inflazione rispettivamente del 3% e dell’1,2%; non si vedeva una penalizzazione così grave dal 1995, escluso il periodo 1999/2001 quando il Governo Amato aggiustò solamente del 30% le pensioni da cinque a otto volte il minimo e azzerò quelle più elevate, con un’inflazione rispettivamente dell’1,7%, del 2,5% e del 2,8%. Dal Governo Monti in poi, i pensionati con assegni sopra quattro volte il minimo sono stati effettivamente “derubati” dai Governi Letta, Renzi, Gentiloni e soprattutto da quelli Conte 1 e 2.

Tabella 1 – Indicizzazione vigente nel 2024

Fascia di reddito da pensione

Percentuale di rivalutazione

Aumento effettivo

Fino a 4 volte il minimo

(fino a 2,272,76 euro)

100%

5,4%

Da 4 a 5 volte il minimo

(da 2,271,76 a 2.839,70)

85%

4,590%

Da 5 a 6 volte il minimo

(da 2.839,70 a 3.407,64)

53%

2,862%

Da 6 a 8 volte il minimo

(da 3,407,64 a 4.543,52)

47%

2,538%

Da 8 a 10 volte il minimo

(da 4.543,52 a 5.679,40)

37%

1,998%

Oltre 10 volte il minimo

(oltre 5.679,40)

22%

1,188%

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