Scandalo a Bruxelles: Barnier, Fitto, Scholz, ascese e cadute vicino a von der Leyen!

Nonostante una resistenza di due mesi da parte del presidente Emmanuel Macron, che ha agito con motivazioni legate esclusivamente a fini di potere personale e spesso in bilico sul confine della legalità costituzionale, la Francia si ritrova ora con un primo ministro di centro-destra. In particolare, Michel Barnier è stato scelto come premier gollista dal presidente di centro, che possiede un proprio gruppo all’Assemblea Nazionale, e ha ricevuto un indispensabile voto di “non sfiducia” preliminare dal partito di destra di Marine Le Pen.



Visto dalla Francia

L’evoluzione della situazione politica in Francia sembra chiaramente legata agli esiti delle ultime elezioni europee, che hanno visto un voto proporzionale puro con il Rassemblement National di Marine Le Pen quasi al 40% e il gruppo macroniano ridotto sotto il 15%. Solo dopo il secondo turno delle elezioni legislative anticipate, e grazie a una forzata “operazione di ritiro” orchestrata da Macron, la sinistra si è affermata come la principale forza parlamentare, sebbene non maggioritaria e divisa in un litigioso “Nuovo Fronte Popolare”. Questo gruppo, che fino a cento giorni fa non esisteva e sembrava impensabile, si è formato da sette differenti partiti. Nonostante tutte le incertezze legate alla mossa di Barnier, a Parigi la democrazia elettorale sembra aver finalmente ottenuto un riconoscimento delle sue ragioni fondamentali.



Visto dalla UE

Michel Barnier, un ex commissario europeo con una lunga carriera e un profilo elevato, superiore a quello di Mario Monti quando nel 2011 divenne premier tecnico in Italia, è ora a capo del governo francese. Durante la sua carriera a Bruxelles, Barnier ha ricoperto vari ruoli nelle commissioni di Prodi, Barroso, Juncker e von der Leyen, occupandosi di politiche regionali, mercato interno e industria. È stato anche il capo negoziatore dell’UE con la Gran Bretagna per gli accordi post-Brexit. La sua figura può essere vista come un vero e proprio ex “presidente ombra” della Commissione, senza dimenticare il suo passato politico come vicepresidente del PPE, il partito di von der Leyen. È evidente che per la prima volta in quasi 70 anni, la Francia si è affidata a un vero “eurocrate”, molto diverso dall’ambiguo ideologo europeista al Eliseo, il quale vede anche ridotte a Bruxelles le sue prerogative nella politica estera. La procedura per il deficit pubblico eccessivo aperta dalla UE verso Parigi è eloquente nel dimostrare come per la Francia non sia questo il momento della grandeur al tavolo UE, ma piuttosto quello della negoziazione e della collaborazione con gli altri 26 Paesi membri.

LEGGI  Biden contro la stampa USA: "Ammettete il successo delle mie politiche!" Caos su inflazione!



Visto dalla Germania

Il “teorema francese”, secondo cui non si può governare contro la democrazia elettorale ma al massimo contenerla, sembra valere ancor più per la Germania. Qui, la maggioranza “rosso-verde” del cancelliere Olaf Scholz ha subito una débâcle nelle ultime elezioni locali, simile a quella patita nelle elezioni europee, senza avere nemmeno la possibilità di rispondere con una scommessa audace come quella di Macron sul “chiarimento” nelle urne. Se l’Eliseo ha difeso almeno se stesso, in coabitazione teorica fino al 2027, Scholz difficilmente resisterà alla guida della Germania. Poco sembra contare se il cambiamento avverrà tra un anno, con l’anticipo della scadenza elettorale, o con un inedito rimpasto di maggioranza in corsa, in cui la CDU/CSU potrebbe tornare subito in una nuova coalizione. La situazione in Germania appare forse più seria di quella francese: i parametri UE sono a posto, ma la prima economia europea è in recessione e in crisi strutturale. E, soprattutto, l’AfD non è comparabile con altre destre europee già “normalizzate” come il RN di Marine Le Pen, che è stata sfidante diretta di Macron nelle ultime presidenziali, o come Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che era ministro nell’ultimo governo Berlusconi. Forse può diventare “governativo” – non solo in Turingia e Sassonia – il nascente ma ancora enigmatico BSW (partito “di sinistra con posizioni di destra”) guidato da Sahra Wagenknecht, moglie dell’ex leader di SPD e Linke, Oskar Lafontaine. E senza dimenticare che nel frattempo in Olanda si è affermato un governo di destra-centro, incentrato sull’estremo “Partito della Libertà” di Geert Wilders, bilanciato da tre partiti centristi, con un singolare premier tecnico (l’ex capo dei servizi d’intelligence).

LEGGI  Ipotesi shock: il diesel costerà come la benzina dal 2024! Scopri i nuovi costi del gasolio.

Visto dall’Italia

Les Républicains, il partito di Barnier, è in molti modi comparabile a Forza Italia: entrambi partecipano alla delegazione PPE all’europarlamento. RN, invece, si avvicina a Fratelli d’Italia per elettorato, ma non per agenda (a partire dal sostegno NATO all’Ucraina) e per collocazione politica europea. A Strasburgo, la destra italiana è un pilastro dei conservatori di ECR (già in colloqui con la “maggioranza” PPE-PSE-Renew), mentre i lepenisti rimangono all’interno di Patriots, l’opposizione della destra euroscettica. Ma soprattutto: Giorgia Meloni è diventata premier in modo lineare, con il suo partito “senior partner” di una maggioranza uscita vincente dal voto. In Francia, invece, Barnier è un premier di compromesso (rischioso), espressione di una forza “junior” sia rispetto al “campo macroniano” sia verso RN. E quest’ultima è passata in tre mesi dalla prospettiva realistica di conquistare la premiership all’essere oggetto di una crociata “antifascista” da parte di un improvvisato “fronte repubblicano”; infine a una posizione di irrinunciabile Grande Fratello per il nuovo premier di centrodestra, per quanto al momento fuori dalla maggioranza in cantiere. Ancora: a Parigi il vero contrappeso a RN resta il campo centrista macroniano (adesso con la leadership del giovanissimo ex premier Gabriel Attal). In Italia, invece, la seconda gamba della maggioranza è la Lega, che in Europa aderisce a Patriots.

Seguire il doppio caleidoscopio italo-francese promette comunque di offrire squarci interessanti sull’evoluzione politica della UE. Dove i partiti socialdemocratici potrebbero ritrovarsi presto all’opposizione ovunque (salvo che in Spagna, dove peraltro Pedro Sánchez governa con i voti controversi dei separatisti catalani).

Non è forse un caso, quindi, che meno di due mesi dopo la doppia astensione italiana sulla conferma di Ursula von der Leyen (prima in Consiglio UE poi in europarlamento) Raffaele Fitto sembri avviato a diventare vicepresidente esecutivo nella nuova Commissione con una delega importante. La transizione verde ortodossa (ancora abbracciata da von der Leyen nel suo discorso di fiducia a Strasburgo) sembra intanto indirizzata verso una rapida e radicale riconversione: ciò che potrebbe far venire meno i voti degli europarlamentari ecologisti, ancora indispensabili, a metà luglio, per “marchiare” la commissione Ursula 2 con la Francia macroniana e la Germania rossoverde. E fra i grandi sconfitti della grande uscita c’è sicuramente la logica del “cordone sanitario” contro i (presunti) “nemici della democrazia” a destra.

LEGGI  Aumenti Stipendi Statali Confermati! Possibile Smart Working dal 2024

— — — —

Articoli simili

Vota questo post

Lascia un commento