La Federal Reserve mantiene fermi i tassi di interesse, una scelta non priva di difficoltà
La Federal Reserve ha deciso di non modificare i tassi d’interesse, mantenendoli in un intervallo tra il 4,25% e il 4,5%, in linea con le previsioni degli investitori. Nonostante le aspettative del mercato non siano cambiate e si prevedano due riduzioni dei tassi nel 2025, per un totale di 50 punti base, la decisione è stata presa poche ore dopo un duro commento da parte del Presidente Trump contro il Presidente della Fed, Powell, da lui definito “stupido” per non aver voluto abbassare i tassi e suggerendo che la decisione avesse motivazioni politiche.
La situazione attuale è complessa e rappresenta una sfida per la politica monetaria degli Stati Uniti. Questa complessità si manifesta chiaramente nell’opinione divisa tra i membri del comitato della Fed: sette di loro non prevedono tagli per il 2025, mentre dieci anticipano almeno due riduzioni. Tale disaccordo è un evento relativamente raro, avvenuto solo in altre due occasioni negli ultimi dieci anni, nel 2019 e nel 2015.
Un secondo aspetto importante è la revisione al ribasso delle previsioni economiche per l’anno in corso, con una crescita del PIL reale che passa dall’1,7% all’1,4%. Inoltre, l’indice PCE, utilizzato dalla Fed per misurare l’inflazione, è stato rivisto al rialzo dal 2,7% al 3,0%. Questo potrebbe indicare che la Fed considera l’inflazione in aumento nonostante il deterioramento delle condizioni economiche, un quadro di stagflazione che presenta notevoli sfide per le banche centrali, costrette a bilanciare il controllo dei prezzi e il sostegno all’economia.
Powell sostiene che, data la solidità dell’economia, la Fed può permettersi di attendere per vedere l’evoluzione futura. Il Presidente della Fed preferisce aspettare ulteriori dati sull’effetto dei piani di assunzione e di spesa delle aziende e sull’andamento dell’inflazione. Tuttavia, l’ultimo periodo è stato segnato da una grande volatilità dei dati economici, influenzata dalle politiche commerciali e dai dazi, che hanno portato prima a un aumento dei consumi e delle importazioni e successivamente a una contrazione.
Le aziende di diversi settori hanno espresso preoccupazioni per possibili rialzi dei prezzi dovuti ai dazi, e si nota una certa riluttanza ad assumere e investire a causa delle incertezze. Nonostante ciò, Powell ritiene che l’economia sia abbastanza robusta per resistere ancora alcuni mesi senza la necessità di tagli ai tassi, in attesa di maggiore chiarezza. Tuttavia, gli investitori iniziano a dubitare di questa solidità, come dimostrano i recenti dati sul mercato del lavoro e sui consumi che confermano il peggioramento delle condizioni economiche.
Di fronte a questo deterioramento, emerge il rischio di un errore di politica monetaria, con la necessità di tagli dei tassi immediati per prevenire una crisi più grave. Inoltre, l’ultima politica finanziaria di Trump non prevede tagli alla spesa nonostante anni di deficit elevati. Le tensioni commerciali e geopolitiche continuano a essere una fonte di inflazione.
Recentemente, i titoli di stato americani hanno mostrato volatilità e i rendimenti sono ai massimi degli ultimi anni. Se i mercati percepissero un calo dell’interesse nel contenimento dei prezzi, soprattutto in questo contesto geopolitico, le conseguenze sul mercato obbligazionario statunitense potrebbero essere gravi, sia in termini di volatilità che di aumento dei rendimenti.
Gestire questa situazione è un compito difficile per Powell, e i mercati non sono indulgenti. Il Presidente della Fed è consapevole degli eventi di aprile e delle continue analisi sul debito americano. Potrebbe scegliere di tagliare i tassi per placare le critiche, ma ciò potrebbe portare a problemi maggiori nel mercato dei titoli di stato. Powell si trova in una posizione in cui può solo sbagliare, e una soluzione efficace può venire solo dalla politica, attraverso decisioni di spesa, politiche commerciali e azioni geopolitiche.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.