Dopo un periodo di due settimane caratterizzato da una forte instabilità finanziaria, ieri è arrivato il tanto atteso pronunciamento della Federal Reserve, tenuto durante un evento all’Economic Club di Chicago.
Jerome Powell, il presidente della banca centrale degli Stati Uniti, ha fornito un aggiornamento riguardante l’economia e i mercati finanziari, suscitando preoccupazione tra gli investitori. Nel suo discorso, ha più volte sottolineato l’elevato grado di incertezza che contraddistingue l’attuale panorama economico, delineando alcuni punti fondamentali.
I dazi introducono una variabilità nei prezzi che non può essere definita né in termini di entità né di durata. È possibile ipotizzare che i dazi portino ad un incremento dei prezzi temporaneo, ma potrebbe volerci anni prima che questo aumento dei prezzi si stabilizzi. Attualmente, il cambiamento nella politica commerciale statunitense porta con sé rischi inflazionistici che non possono essere precisamente quantificati.
Un secondo aspetto riguarda il potenziale conflitto tra i due obiettivi della Fed: il massimo livello di occupazione e la stabilità dei prezzi. Powell ha messo in luce il rischio che un rallentamento economico, e di conseguenza un indebolimento del mercato del lavoro, possano coesistere con un aumento dei prezzi.
La terza riflessione è che, nonostante le turbolenze recenti nei mercati azionari, secondo il presidente della Fed, i mercati stanno reagendo in maniera ordinata e come ci si sarebbe aspettati. Infine, Powell ha sottolineato che la traiettoria del bilancio pubblico americano non è sostenibile, evidenziata da un contesto di elevati deficit congiunti a piena occupazione. Questo è il panorama emerso nel 2024, con deficit tipici di una recessione totale o di un’economia in guerra, nonostante apparentemente l’economia non presentasse gravi problemi.
Per gli investitori, queste osservazioni sono state un duro colpo. Se i rischi inflazionistici non sono quantificabili e è cruciale mantenere ancorate le aspettative inflazionistiche di imprese e famiglie, e se i mercati stanno rispondendo al cambiamento di politica commerciale in modo “ordinato”, ciò indica che la Fed non ha alcuna urgenza di ridurre i tassi di interesse o di intervenire in caso di ulteriori turbolenze sui mercati.
Possiamo concentrarci sulle conseguenze delle decisioni dell’amministrazione americana o sui suoi obiettivi. Le conseguenze, anche quelle non intenzionali, sono incerte, mentre gli obiettivi sono espliciti. L’intento è ridurre il deficit commerciale, rimpatriare alcune produzioni, aumentare i salari reali dei lavoratori americani, isolare la Cina e ridurre il debito nazionale. Per raggiungere questi obiettivi, è necessario che l’inflazione sia inferiore alla crescita dei salari, altrimenti lo sforzo risulterà vano.
Il calo degli attivi finanziari è sia inevitabile sia desiderabile in questo scenario. L’andamento degli attivi finanziari negli ultimi decenni, disaccoppiato dall’economia reale, ha aggravato le condizioni economiche delle famiglie americane e riflette gli impatti della globalizzazione e l’aumento dei margini aziendali.
Tuttavia, i mercati rimangono vulnerabili al “cambiamento di regime” dell’amministrazione americana, poiché una correzione disordinata potrebbe compromettere il successo del piano.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.