STOCCARDA
STOCCARDA – Gli imperi declinano quando perdono la capacità di sostenere i loro territori esterni o quando questi ultimi ottengono l’indipendenza attraverso la lotta. La rivoluzione americana rappresenta un esempio del secondo tipo, mentre il crollo dell’Impero Romano d’Occidente illustra il primo. Gli Stati Uniti possiedono ancora numerose basi militari in Europa e desidererebbero espandersi ulteriormente, come dimostra l’interesse per la Groenlandia. Nonostante ciò, è troppo presto per parlare di un ritiro americano, ma le recenti politiche sui dazi suggeriscono che non si tratta di un segno di forza. Nel tramonto della pax americana, le dinamiche globali sono in cambiamento e le minacce esterne sembrano intensificarsi ai confini.
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Tuttavia, “la natura detesta il vuoto”. Ne consegue che, nel vuoto di potere che si è creato, emergono le vecchie potenze coloniali dell’epoca della Belle Époque: la Francia, in continua ricerca della sua antica grandezza; il Regno Unito, che ha visto l’Italia prendere il suo posto nella “special relationship” con gli USA; la Germania, che cerca un nuovo ruolo nel mondo dopo la globalizzazione. Questi paesi formano un triangolo che si muove per orchestrare una politica di difesa europea con un occhio di riguardo verso la Russia.
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Nel contesto degli sforzi americani per terminare la guerra, Francia e Regno Unito hanno proposto una missione di peacekeeping in Ucraina, mentre il quasi neo Cancelliere tedesco Friedrich Merz ha suggerito di inviare a Kiev un arsenale di missili Taurus Kepd 350. La situazione ricorda la “casa delle libertà” nel senso più anarchico del termine, con ciascuno stato che agisce secondo i propri interessi.
In Germania, poco dopo l’insediamento del nuovo governo di coalizione rosso-nero, è stato presentato il contratto di coalizione, discusso nel podcast di Handelsblatt dal capo economista Bert Rürup e da Michael Hüther, direttore dell’Istituto dell’economia tedesca.
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Uno degli aspetti chiave del programma è la riforma della cosiddetta “legge sul riscaldamento”, che prevede un piano dettagliato per la transizione verso l’utilizzo di fonti rinnovabili per il riscaldamento domestico. È prevista una nuova normativa più aperta alle innovazioni tecnologiche, più flessibile e semplificata. Un altro obiettivo è la riduzione dei costi energetici per rendere l’industria più competitiva e contrastare il processo di deindustrializzazione, che sta interessando anche la Germania.
Un elemento distintivo della nuova coalizione è la lotta alla burocrazia. In particolare, il nuovo governo intende rivedere o abolire la “legge sulle catene di fornitura”, una normativa ispirata all’UE che regola la responsabilità delle imprese rispetto ai diritti umani e agli standard ambientali nelle catene di fornitura globali. Inoltre, è prevista una revisione della spesa pubblica con la riduzione dell’8% del personale in quattro anni, escluse le forze di sicurezza.
Nonostante l’intento dichiarato sia quello di stimolare l’economia, non sembrano esserci riforme strutturali sufficienti a questo scopo. A confronto con l’approccio rivoluzionario degli Stati Uniti per contenere l’ascesa economica della Cina, le politiche tedesche appaiono piuttosto moderate. Forse, l’immaginario collettivo tedesco attribuisce la stagnazione economica degli ultimi anni all’utopia fallita dei Verdi. Sarebbe forse sufficiente una nuova Grande Coalizione per rianimare gli splendori dell’era Merkel, nella speranza che ciò basti a contenere le nuove sfide globali.
Nel frattempo, la scena internazionale si fa sempre più incerta. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, le politiche tariffarie del presidente statunitense Donald Trump avranno un impatto significativo sull’economia globale. Di conseguenza, il FMI ha ridotto di 0,5 punti percentuali le sue previsioni per la crescita economica mondiale nel 2025, portandole al 2,8%. I dazi rischiano di danneggiare soprattutto gli Stati Uniti e la Cina. Per la Germania, si prevede una crescita nulla per l’anno in corso.
Secondo gli analisti di Handelsblatt, il pacchetto di investimenti previsti (500 miliardi per infrastrutture e difesa, finanziati tramite nuovo debito) potrebbe avere effetti solo nel medio-lungo termine. Nel breve periodo, l’economia tedesca dovrà affrontare da sola le sue sfide, mentre il debito potrebbe aumentare e la paura tedesca del debito potrebbe tornare a turbare la psiche collettiva.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.