Guerra USA-Germania: Come l’Italia Ne Pagherà il Prezzo!

La crisi politica in Francia e le prospettive del governo Barnier

Martedì scorso, il quotidiano francese Le Parisien ha rivelato dettagli su una presunta certezza espressa da Emmanuel Macron riguardo il prossimo collasso del governo di Michel Barnier, che non sarebbe riuscito a ottenere il sostegno necessario per passare una legge di bilancio molto restrittiva, del valore di 60 miliardi. Succederà più velocemente di quanto si immagini, avrebbe affermato il presidente francese. Curiosamente, quella stessa sera Macron è stato costretto a pubblicare una nota di smentita ufficiale, gesto che in politica spesso equivale a una conferma involontaria.



Intanto, il rendimento dell’Oat francese a dieci anni sembra prendere sul serio le informazioni divulgate da Le Parisien. In una dinamica che ricorda il 2011, da ieri i titoli di stato greci a cinque anni hanno mostrato un rendimento positivo rispetto agli Oat della stessa durata.

La Francia ora deve prestare attenzione al proprio spread, soprattutto con la Grecia, non con la Germania. Perché i media italiani non ne parlano? Forse perché Marine Le Pen non è una minaccia immediata e quindi non si sente il bisogno di discutere degli evidenti errori di valutazione politica che hanno caratterizzato l’ennesima conventio ad excludendum repubblicana?



Ci si chiede se certi compromessi europei sui nomi dei Commissari derivino da una sottovalutazione collettiva delle debolezze, dalla quale emerge inevitabilmente un perdente. I numeri sono chiari per tutti. Tuttavia, per fortuna, la Commissione ha approvato la nostra manovra finanziaria senza troppi ostacoli. Ma attenzione agli entusiasmi prematuri e alle garanzie implicite che potrebbero nascondere insidie.

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Rivolgendoci alla Germania, storico contraltare dell’Italia in termini di spread sui titoli di stato, si nota un periodo di deficit piuttosto libero. Friedrich Merz, candidato alla Cancelleria per la CDU, ha recentemente preso una posizione netta, chiudendo le porte ai rifugiati siriani, a differenza di quanto fatto da Angela Merkel il 31 agosto 2015 con il suo celebre Wir schaffen das (Ce la faremo). La sua posizione suggerisce una netta riduzione dei benefici per i rifugiati ucraini, con l’intento dichiarato di disincentivare la ricerca di lavoro tra di loro. Le nuove politiche prevederebbero assistenze ridotte solo ai richiedenti asilo, eliminando i 563 euro mensili più spese per affitto e bollette finora garantiti.

Inoltre, la Germania si avvicina a un voto anticipato, con una campagna elettorale già in pieno svolgimento, nonostante manchino ancora venti giorni al voto di fiducia del Bundestag. Questa situazione riflette una Germania che si trova a dover affrontare una grave crisi occupazionale, con annunci recenti di licenziamenti massivi, come i 11.000 posti di lavoro che Thyssenkrupp prevede di tagliare entro il 2030.

Infine, la serie di eventi che ha colpito l’industria tedesca, dalle sanzioni alla Russia fino alla pandemia e alle politiche ambientali restrittive, ha messo a dura prova l’economia del paese. L’interazione economica con la Germania, cruciale per molte PMI italiane, ha già mostrato un calo del 7% quest’anno rispetto al 2023. E mentre la Germania si prepara a una ricostruzione forse più impegnativa di quella post-Riunificazione, l’Europa e i media sembrano concentrarsi solo su altre questioni, forse meno urgenti ma più sensazionali.

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