La forza del messaggio natalizio, trasmesso da secoli, continua a impressionare ancora oggi: “Durante la 124esima Olimpiade; nel 752° anno dalla fondazione di Roma; nel 41° anno del regno di Cesare Ottaviano Augusto, in un periodo in cui regnava la pace su tutta la terra, nella sesta era del mondo, Gesù Cristo, Dio eterno e Figlio del Padre eterno, (…) nasce a Betlemme di Giuda”.
“Regnava la pace”, come narra il Vangelo di Luca. Maria e Giuseppe, nel loro cuore obbediente, permisero al Verbo di incarnarsi. Un antico manoscritto, il Cronografo dell’anno 354, documenta che a Roma si iniziò a celebrare il Natale il 25 dicembre, trasformando la festa pagana del solstizio invernale, Natalis Solis Invicti, la nascita del nuovo sole. Subito dopo la notte più lunga dell’anno, si celebra la nascita della Vita.
La storia, spesso segnata da violenze e conflitti, si apre in questo giorno alla vita di Cristo. La pace entra nella sua esistenza per evitare di degenerare in un pacifismo divisivo e ideologico. Attraversare la Porta del Giubileo rappresenta una scelta: entrare in una realtà dove l’ordine mondiale è invertito, dove si richiede la liberazione degli schiavi, la cancellazione dei debiti e il riposo delle terre. Il periodo natalizio diventa per noi un tempo di promesse, di scelte personali e sociali. Nel capitolo 4 del Vangelo di Luca, Gesù annuncia un anno di grazia del Signore, invitandoci a portare ai poveri una buona notizia, proclamare ai prigionieri la libertà, ai ciechi la vista; e liberare gli oppressi (Lc 4-18).
La fede si rinnova nella pazienza di quell’evento passato. Tuttavia, la solita paura persiste: “Alla nascita di un bambino il mondo non è mai pronto. (…) Non esiste vita che non sia, almeno per un istante, immortale. La morte è sempre in ritardo di quell’istante” scrive Wyslawa Szymborska. In quell’istante, le realtà temporali diventano sacre: la terra, il pane, il vino, l’amicizia, il paese, il lavoro, l’amore, perfino il dolore e la morte. Grazie a quell’istante, “non si tratta solo di fare qualcosa per gli altri, ma di riconoscere che ogni essere umano è sacro e merita il nostro amore” (Fratelli tutti, 106).
La radice latina della parola Natale, natum, significa “generato”. Gli aggettivi natale(m) e nataliciu(m) descrivono “ciò che concerne la nascita”. Per i cristiani, il Natale non è solo l’incarnazione della Parola, ma un frammento di Logos in ogni essere, l’essenza del Creatore in ogni creatura. L’incarnazione rappresenta un “movimento infinito” di Dio verso il basso e una “immersione” profonda nella nostra umanità.
In una lettera ad un amico, nelle pagine di Veronica. Dialogo della storia e dell’anima carnale, Péguy ci ricorda il significato teologico del Natale per comprendere meglio il mistero della festa che viviamo oggi e soprattutto “chi” adoriamo. “Ecco il cristianesimo, amico mio, il centro e il fulcro, l’asse e la chiave, la giunzione principale del cristianesimo. Un uomo-Dio, un Dio-uomo”. E continua: “Amico mio, se lui [il Verbo] non avesse avuto questo corpo, se fosse rimasto spirito puro, se si fosse fatto angelo, se non fosse diventato […] come noi, come i nostri, tra noi, se non avesse subito la morte carnale, tutto crollerebbe amico mio, tutto il sistema crollerebbe; tutto il cristianesimo crollerebbe, perché non sarebbe veramente uomo”. È questo che ebrei e greci non potevano accettare di Dio: “Non è venuto per separarsi, per ritirarsi dal mondo. È venuto per salvare il mondo. È un approccio completamente diverso. Capisci, (amico mio), se avesse voluto ritirarsi, essere separato dal mondo, avrebbe dovuto semplicemente non venire, nel mondo. Semplice, no?”.
Augurare buon Natale implica quindi scegliere di stare sempre dalla parte della vita, sia personale che sociale. E scegliere di difenderla, testimoniandola.
In una poesia commovente sul Natale, Alda Merini scrive: “Un mitico bambino che viene qui nel mondo e allarga le braccia per il nostro dolore”. Di fronte al Vivente, che nascendo “allarga le braccia per il nostro dolore” e prefigura con il suo gesto la croce, abbiamo solo due scelte possibili: stare dalla parte della Vita o dalla parte della morte. Bisogna scegliere mille volte al giorno affinché sia Natale, scegliendo di stare dalla parte della Vita che non teme di pagare il prezzo dell’amore, che si chiama morte.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.