DAZI & PIL: Ue e Bce devono intervenire per salvare il secondo semestre!

Mentre i dazi imposti dagli Stati Uniti e le misure di ritorsione europee sono state temporaneamente sospese fino a inizio luglio, il governo italiano ha introdotto il nuovo Documento di finanza pubblica, che sostituisce il precedente Def. In questo documento, si prevede per l’anno in corso un incremento del Pil dello 0,6%, con aspettative di crescita che dovrebbero raggiungere lo 0,8% per gli anni 2026 e 2027. D’altra parte, l’Istat ha rilevato che a febbraio la produzione industriale ha registrato una diminuzione dello 0,9% rispetto al mese precedente e del 2,7% su base annua.



Secondo Luigi Campiglio, professore di Politica Economica all’Università Cattolica di Milano, questi dati sono motivo di preoccupazione e sembrano confermare l’assenza di segnali positivi per l’industria italiana nel breve termine.



Per il governo, il Pil nel 2025 dovrebbe aumentare dello 0,6%, meno rispetto a quanto registrato l’anno scorso (+0,7%)…

Un’imprevista ondata di shock a livello globale si è verificata a causa delle politiche implementate dall’amministrazione Trump, specialmente nelle ultime settimane. Anche la moratoria di 90 giorni sui dazi annunciata mercoledì non sembra offrire una soluzione definitiva, soprattutto perché esclude la Cina.

Perché la sola esclusione della Cina dai dazi americani è così problematica?



La questione è aggravata dall’escalation continua e dai toni utilizzati. L’esclusione della Cina dai dazi è problematica perché parliamo di un attore globale con importanti legami commerciali, inclusi quelli con l’UE, e perché un aumento dei costi dei prodotti cinesi importati negli USA potrebbe generare inflazione che si diffonderebbe oltre i confini americani, Europa inclusa.

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La “tregua” attuale sui dazi è sufficiente a stabilizzare l’economia europea e italiana?

La situazione attuale ha danneggiato alcuni principi fondamentali del commercio internazionale, come la fiducia e la credibilità. Anche con questa moratoria, non possiamo escludere la possibilità di nuovi “shock” una volta terminato questo periodo.

Gli operatori economici possono quindi pianificare solo nel breve termine…

Esattamente. Le aziende cercheranno di ottenere qualche risultato positivo nei prossimi due mesi, magari aumentando l’export verso gli Stati Uniti, prima di aspettare di vedere come si sviluppano gli eventi. Questo impedisce qualsiasi pianificazione a lungo termine sugli investimenti, in linea con le previsioni di crescita ridotte diffuse dal governo.

È possibile che queste stime di crescita vengano ulteriormente ridimensionate durante l’anno?

Speriamo di no, ma il primo semestre sembra già compromesso e non possiamo escludere ulteriori shock dagli Stati Uniti nei mesi a venire.

Oltre a proseguire le negoziazioni con gli USA sui dazi, che altro può fare l’Europa per proteggere la propria economia dall’attuale alta incertezza?

Da un lato, è essenziale prepararsi a supportare imprese e settori colpiti dai dazi. Dall’altro, sarebbe importante essere pronti a ritornare su un percorso di crescita nella seconda metà dell’anno, proteggendosi da eventuali sorprese dall’amministrazione americana.

Potrebbe elaborare ulteriormente su quest’ultimo punto?

La politica fiscale sarà cruciale per assicurare una maggiore convergenza tra i Paesi piuttosto che divergenza. Bisognerebbe quindi essere pronti a essere più flessibili sul fronte delle regole del Patto di Stabilità, magari prevedendo la possibilità di sospendere la loro applicazione in caso di nuovi shock sui dazi. Inoltre, anche la politica monetaria può essere di supporto.

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In che modo?

In caso di shock, una politica fiscale reattiva potrebbe essere più efficace di un intervento sui tassi di interesse. La BCE, come già fatto in passato, potrebbe acquistare titoli di stato europei, supportando così le politiche fiscali anticicliche dei Paesi dell’Eurozona.

(Lorenzo Torrisi)

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