Andare oltre la riforma Fornero. Questa espressione è stata frequentemente usata, specialmente quando si prevedeva di discutere un argomento sensibile e di grande interesse per i mercati internazionali. Il termine “superare” portava con sé una connotazione negativa, quasi a indicare la necessità di abbandonare una situazione per proseguire verso mete diverse da quelle stabilite dalla normativa del 2011. Questo è stato poi il percorso seguito dal governo giallo-verde, che ha introdotto misure per promuovere il pensionamento anticipato, riducendo significativamente i risparmi che la riforma Fornero aveva previsto.
Gradualmente, l’impiego di questo verbo ha assunto un significato positivo. La riforma Fornero è stata superata per continuare un percorso che era stato interrotto. Dal prossimo anno sarà ripristinato l’adeguamento automatico dei requisiti di pensionamento all’aumento dell’aspettativa di vita; si disincentiva il pensionamento anticipato (con solo 1600 domande per Quota 103 come modificata nella legge di bilancio), mentre sono state potenziate le alternative al pensionamento anticipato come l’Ape sociale, l’Opzione donna e i lavoratori precoci. Ma il disegno di legge di bilancio attualmente all’esame della Camera propone di più. Era da almeno vent’anni che i governi non si occupavano della previdenza complementare, identificata in passato come una soluzione strategica alla crisi dei sistemi pensionistici obbligatori.
L’articolo 28, comma 1, stabilisce che a partire dal 1° gennaio 2025, per chi percepisce la pensione con il sistema contributivo (che funge da lingua franca nel dialogo previdenziale tra lavori diversificati), sarà possibile computare, su richiesta dell’assicurato, ai fini dell’ottenimento dell’importo minimo necessario per la pensione di vecchiaia, anche il valore di una o più rendite di sistemi di previdenza complementare, qualora si opti per la prestazione in forma di rendita. La norma prevede anche un metodo per determinare il valore teorico della rendita complementare ai fini del calcolo del valore soglia.
Il comma 2 rimanda, come di consueto, a un decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, emesso in accordo con il ministro dell’Economia e delle Finanze, l’identificazione dei criteri di calcolo e delle modalità di richiesta e certificazione della rendita secondo quanto disposto al comma 1. Secondo la relazione tecnica allegata, la norma richiede un decreto attuativo e non comporta oneri per il 2025, mentre prevede costi crescenti nei successivi anni fino al 2034, con un incremento contenuto a partire dal 2035, compensato da altri interventi in materia pensionistica nel medesimo provvedimento.
Il valore teorico della rendita complementare, ai soli fini del calcolo del valore soglia (nel 2024 pari a 534,41 euro mensili), viene determinato convertendo il montante accumulato in ciascun sistema di previdenza complementare con i coefficienti di trasformazione previsti dalla legge 8 agosto 1995, n. 335 (la riforma Dini), vigenti al momento del pensionamento. La norma introduce inoltre l’obbligo per le forme di previdenza complementare di fornire una proiezione certificata dell’importo della futura rendita, affinché l’assicurato possa avere un quadro chiaro del reddito aggiuntivo che avrà a disposizione insieme alla pensione erogata dal sistema pubblico.
Nella relazione tecnica si specifica che attualmente le forme di previdenza complementare già rilasciano una nota informativa annuale con le proiezioni delle diverse tipologie di prestazioni richiedibili, incluse le rendite, stabilendo un obbligo specifico per il caso in cui si richieda una pensione contributiva con opzione di rendita. Ogni assicurato riceve annualmente un estratto conto che mostra le contribuzioni effettuate, l’evoluzione del montante contributivo, le informazioni sulla posizione assicurativa e l’ammontare dei redditi da lavoro dipendente con le relative ritenute indicate nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta.
L’articolo 28 ha inoltre dato attuazione alla Direttiva UE 2016/2341, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, che riguarda le attività e la supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali. Questa direttiva mira a creare un quadro normativo minimo e armonizzato per la previdenza integrativa, a rafforzare la governance e la gestione del rischio, a eliminare alcune barriere che ostacolano l’attività transfrontaliera dei fondi pensione, a migliorare la trasparenza e l’informazione per gli iscritti e i pensionati, e a garantire che le autorità competenti dispongano di tutti gli strumenti necessari per esercitare efficacemente la vigilanza e il controllo sugli Epap. Il decreto legislativo n. 147 del 2018 è stato adottato per adeguare la normativa nazionale in materia.
Inoltre, l’articolo 11 del D.Lgs. 252/2005 ha ridefinito i requisiti e le modalità di accesso alle prestazioni complementari, stabilendo (comma 2) che, a condizione di avere almeno cinque anni di partecipazione a forme di previdenza complementare, il diritto alla prestazione pensionistica si acquisisca al momento della maturazione dei requisiti nel regime obbligatorio di appartenenza. Particolarmente rilevante è il comma 3, che prevede che le prestazioni pensionistiche in regime di contribuzione definita e di prestazione definita possano essere erogate in capitale, secondo il valore attuale, fino a un massimo del 50 per cento del montante finale accumulato, e in rendita, facilitando così l’operazione definita dall’articolo in esame.
Recentemente è stata osservata un’importante novità relativa alla riammissione degli emendamenti sulla riapertura del semestre di silenzio-assenso per il conferimento del Tfr, presentati da Lega, FdI e Noi Moderati. La giustificazione è chiara poiché, come indicato nella motivazione della riammissione, “recano disposizioni in materia di opzione tra il mantenimento del trattamento di fine rapporto presso il datore di lavoro e il conferimento di quest’ultimo a forme di previdenza complementare, costituendo un intervento coerente rispetto alle misure in materia di previdenza complementare contenute nell’articolo 28 del disegno di legge”. Si sottolinea che, in assenza di una rinuncia esplicita, 10 milioni di lavoratori che avevano precedentemente scelto di mantenere in azienda la loro liquidazione saranno indotti a confermare nuovamente la loro scelta. Altrimenti, i contributi previdenziali verranno automaticamente dirottati verso i fondi pensione.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.