Introduzione di una nuova tassa energetica e la risposta statunitense
Il governo dell’Ontario in Canada ha recentemente implementato una nuova tassa del 25% su tutte le esportazioni energetiche dirette verso gli Stati Uniti. Questa decisione ha scatenato una reazione immediata da parte del Presidente degli Stati Uniti, che ha annunciato un aumento dei dazi sull’acciaio canadese e ha minacciato di imporre dazi gravosi sul settore automobilistico canadese, a tal punto da poter “distruggere definitivamente l’intero settore automobilistico” del paese.
Dichiarazioni provocatorie e conseguenze economiche
Le recenti tensioni commerciali sono state enfatizzate dal Presidente tramite un messaggio sul social network Truth, dove ha suggerito che la soluzione più logica per il Canada sarebbe quella di diventare il “51esimo amato Stato degli USA”. Questa situazione ha contribuito a un ulteriore declino degli indici di borsa americani, già provati da preoccupazioni legate al rallentamento economico. La giornata si è conclusa con un colpo di scena: il Governatore dell’Ontario ha revocato la tassa del 25% sull’energia esportata, portando il Presidente americano a considerare una possibile revisione dei dazi raddoppiati verso il Canada.
La percezione europea e la politica interna americana
In Europa, le mosse dell’amministrazione americana sono spesso viste come incomprensibili e dannose. Tuttavia, questa amministrazione gode del sostegno di “Corporate America” e di un Segretario del Tesoro che ha iniziato la sua carriera con Soros negli anni ’90, in un fondo hedge che speculava contro le nazioni. L’economia americana ha affrontato recentemente una fase inflazionistica senza precedenti da generazioni e un raddoppio dei rendimenti sui titoli di stato, grazie a stimoli fiscali paragonabili a quelli di periodi di guerra o recessione, protratti ben oltre la crisi del Covid e dei lockdown.
La strategia di rimpatrio industriale
Due sono le ragioni principali per cui gli USA intendono rimpatriare la produzione industriale. La prima, economica, è legata al deficit commerciale insostenibile. La seconda, meno discussa, è di natura strategica: le lunghe catene di approvvigionamento basate su paesi a basso costo di produzione, come la Cina, rendono l’economia americana vulnerabile sia in caso di conflitti che di grandi ristrutturazioni economiche globali.
Il rimpatrio dell’industria americana non è semplice con una valuta sovrastimata e un flusso costante di risparmi globali diretti a Wall Street. Questo processo richiede l’accettazione di iniziali contraccolpi economici, che l’amministrazione attuale sembra disposta a sopportare per favorire un ambiente industriale favorevole al rimpatrio. L’approccio include tagli fiscali, riduzione della burocrazia e rifiuto di politiche di transizione energetica, al fine di offrire alle imprese costi energetici competitivi.
Conclusioni sulla politica commerciale
La visione strategica di rimpatrio industriale, dichiarata dal Segretario del Tesoro, è una chiave di lettura importante per comprendere anche la guerra commerciale con il Canada. Questa politica si inserisce in un contesto più ampio di preparazione al confronto con la Cina, necessario sia economicamente che politicamente. Questo è il quadro in cui si muove l’attuale amministrazione, che vede in Europa un modello opposto, caratterizzato da un’eccessiva regolamentazione che soffoca le imprese e avvia i paesi su un percorso di debito insostenibile.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.