BCE e PIL: “L’economia richiede più tagli, non fermiamoci come la Fed!”

Mercoledì scorso, la Federal Reserve ha deciso di mantenere inalterati i tassi di interesse, come era previsto. Invece, la Banca Centrale Europea ha ridotto i tassi di 25 punti base il giorno seguente, confermando anch’essa le previsioni. Questa mossa è stata annunciata contemporaneamente alla diffusione dei dati di Eurostat, che indicano una crescita stazionaria dell’economia dell’Eurozona nell’ultimo trimestre del 2024. Dall’Eurotower si sottolinea che “l’incremento dei redditi nominali e l’attenuazione degli impatti della politica monetaria restrittiva dovrebbero favorire una ripresa della domanda nel tempo”, beneficiando così l’economia. Domenico Lombardi, Professore di Politiche economiche e governance dell’Eurozona presso la Luiss e direttore dell’Osservatorio di Politica, ha commentato che sulla decisione della BCE ha influito “la continua stabilizzazione dell’inflazione, che nei prossimi mesi dovrebbe raggiungere l’obiettivo di medio termine del 2%”. Inoltre, ha aggiunto che le aspettative inflazionistiche rimangono stabili, un altro fattore rassicurante per il Consiglio direttivo. Tuttavia, la Presidente Lagarde non ha dato indicazioni sulle future azioni della BCE, precisando che queste dipenderanno dall’evolversi del contesto economico.



Alla luce dei recenti dati di Eurostat sul PIL dell’Eurozona, ritiene che la BCE stia adeguatamente considerando le sfide che l’economia europea sta affrontando e che potrebbero intensificarsi quest’anno?

Secondo gli ultimi dati di Eurostat, l’Eurozona ha mostrato una crescita nulla nell’ultimo trimestre del 2024. Analizzando più nel dettaglio, sia la Germania che la Francia hanno registrato una contrazione, rispettivamente di -0,2% e -0,1%, mentre l’Italia ha avuto una crescita pari a zero, in linea con la media dell’Eurozona. È evidente che l’inasprimento della politica monetaria è mirato a moderare la crescita. La BCE probabilmente procederà con altri tre tagli circa, tenendo conto della stabilizzazione dell’inflazione e del peggioramento della situazione economica. Sarà interessante vedere con quale frequenza la BCE deciderà di allentare ulteriormente le condizioni ancora restrittive.

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Quanto, secondo lei, le politiche della BCE hanno influenzato la “crescita zero” italiana negli ultimi due trimestri?

Il marcato rallentamento dell’economia italiana riflette una situazione più ampia a livello europeo e un calo degli investimenti dovuto all’inasprimento delle condizioni monetarie. È naturale che, quando i principali partner commerciali entrano in una fase di stagnazione, ciò abbia ripercussioni negative. Guardando al futuro, un allentamento della politica monetaria potrebbe favorire una ripresa degli investimenti, nonostante la persistente stagnazione dell’economia tedesca.



La Fed, come previsto, ha lasciato i tassi invariati. Se non dovesse procedere a tagli nei primi mesi dell’anno, potrebbe questo influenzare le future decisioni della BCE?

La Fed prevede che, nell’anno appena iniziato, effettuerà due tagli dei tassi, ognuno di 25 punti base, aggiungendosi al calo di un punto percentuale iniziato nell’ultimo quadrimestre del 2024, a fronte dei quattro tagli previsti per quest’anno annunciati lo scorso settembre. Le recenti revisioni delle aspettative sono influenzate dal rallentamento nella convergenza dell’inflazione verso l’obiettivo di medio termine e dalle incertezze legate agli effetti di alcune politiche della nuova Amministrazione americana in materia di immigrazione e dazi. D’altra parte, l’economia americana continua a mostrare dinamismo: è cresciuta nel 2024 del 2,5% con un tasso di disoccupazione ai minimi storici, intorno al 4%. Tuttavia, sarebbe errato se la ricalibratura della Fed influenzasse in qualche modo, anche indiretto, le decisioni della BCE, dato che le condizioni economiche dell’Eurozona sono strutturalmente diverse.

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Per quanto riguarda la Fed, cosa pensa delle severe critiche espresse da Trump sul suo operato? E perché il Presidente americano insiste su tassi di interesse più bassi?

Le critiche del Presidente Trump seguono le dichiarazioni già fatte durante la sua campagna elettorale. La Fed cerca di minimizzare queste critiche, mantenendo una posizione neutrale e concentrando l’attenzione sui dati e sulle analisi che sostengono le sue decisioni di politica monetaria. Anche se non è la prima volta che Trump esprime queste critiche, attualmente nel Senato non ci sono più i parlamentari centristi o moderati che in passato hanno protetto le autorità monetarie. Da un punto di vista della Casa Bianca, queste critiche probabilmente riflettono la preoccupazione che tassi di interesse elevati possano limitare la vitalità dell’economia e creare difficoltà per le imprese e i consumatori americani nel finanziare a costi sostenibili le loro scelte di investimento e consumo.

(Lorenzo Torrisi)

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