CAOS MEDIO ORIENTE: Le mosse strategiche del G7 contro l’escalation!

Cerchiamo di comprendere meglio il conflitto tra Israele e gli agenti iraniani e di riflettere su come poter trovare una soluzione che prevenga ulteriori deterioramenti. Una possibile risposta potrebbe essere fornire a Israele maggiori garanzie di sicurezza internazionale, diminuendo così la necessità che questo Stato si occupi in autonomia della propria sicurezza, con il rischio di destabilizzare l’intera area. Ricordiamo che Israele è una potenza nucleare, sebbene non lo dichiari apertamente. Quale strategia potrebbe dissuadere David dall’usare la fionda contro Golia?



Israele è stata colpita all’improvviso nell’ottobre 2023 da un attacco di circa 4.000 militanti di Hamas, con l’obiettivo dichiarato di uccidere il maggior numero di ebrei possibile e di prendere ostaggi, sperando di limitare le rappresaglie attraverso la minaccia. Apparentemente, ci sono due ragioni principali dietro questo attacco.

La prima è l’ordine da parte del regime iraniano a Hamas di ostacolare sia gli Accordi di Abramo, iniziati nel 2019 tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti (con il tacito accordo dell’Arabia Saudita, di cui sono stato testimone in un convegno ad Abu Dhabi nel 2019), sia soprattutto la proposta di trattato Imec (un progetto infrastrutturale che collega l’India al Mediterraneo attraverso la penisola araba, con una terminale nel porto israeliano di Haifa), firmata a settembre 2023 da molte nazioni, Italia inclusa. L’obiettivo era causare una reazione israeliana che potesse scatenare l’opposizione del mondo islamico e bloccare i regimi arabi sunniti dal procedere con il progetto.



La seconda ragione è che Hamas stava pianificando da tempo un’operazione bellica per il cinquantesimo anniversario della guerra dello Yom Kippur (1973), mirando a scalfire l’immagine di Israele come potenza invulnerabile. L’unione di questi due obiettivi strategici ha portato a un attacco estremamente violento e genocida. Questo attacco ha avuto un certo successo politico perché la dura risposta israeliana contro Gaza – volta a ristabilire l’idea che un attacco contro Israele o gli ebrei porta inevitabilmente alla morte, ovvero la deterrenza – ha temporaneamente bloccato l’accordo Imec a causa della mobilitazione islamica contro Israele. Tuttavia, l’accordo non è stato cancellato. I regimi arabi sunniti hanno dovuto riconoscere l’impossibilità di procedere con l’Imec a livello di consenso popolare, ma non hanno abbandonato il progetto. Inoltre, hanno supportato Israele – per esempio, la Giordania abbattendo droni iraniani – quando l’Iran ha lanciato un attacco missilistico diretto contro Israele, sebbene preannunciato per evitare reazioni distruttive.

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Manca una chiara comprensione delle vere intenzioni dell’Iran: si osserva una divisione tra i miliziani del regime teocratico e il regime stesso. Anche la parte politica del regime teocratico ha facilitato l’elezione di un presidente che sembra meno estremista, nonostante il predominio degli ayatollah. È evidente che l’Iran non è pronto per un conflitto diretto con Israele. Non è chiaro se ciò sia perché alla Cina basti sabotare l’Imec, limitando così la sua espansione oltre i confini nazionali, o se la capacità nucleare iraniana non sia ancora pronta.

La Russia? La sua posizione è ambigua: desidera mantenere buoni rapporti con i paesi islamici, ma preferirebbe evitare un legame troppo forte tra questi e la Cina. L’Iran? Necessita di mostrare aggressività, ma non vuole farlo direttamente. Di conseguenza, spinge Hezbollah e gli Houthi a una guerriglia continua per mantenere alte le tensioni e per affermarsi come leader dei palestinesi oppressi, erodendo la forza e l’immagine di Israele. Israele, dal canto suo, contrattacca dimostrando a Hezbollah che se continuano ad agire come proxy dell’Iran, rischiano la distruzione.

Alcuni analisti si sono interrogati sul perché Israele abbia rivelato la propria capacità di sabotaggio tramite sofisticati strumenti di cyberwar e spionaggio, senza coordinarla con un’invasione del sud del Libano. La risposta è semplice: gli Stati Uniti non lo permettono, e Israele preferirebbe evitarlo. Questo costringe Israele a praticare una deterrenza più violenta per dimostrare forza dissuasiva, spingendo i suoi nemici, anche se intimoriti, a reagire con maggiore intensità, almeno a livello di mobilitazione morale contro Israele. Questa situazione non è ideale se l’obiettivo è raffreddare il conflitto e permettere la ripresa dei negoziati per la connessione tra India e Mediterraneo.

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A chi non conviene questa situazione? All’amministrazione Biden, che pur supportando Israele, impone restrizioni senza esercitare una dissuasione efficace contro l’Iran e la Cina, la cui tecnologia si ritrova nelle armi più avanzate iraniane, distribuite poi ai suoi proxy. Si trovano anche tecnologie russe e nordcoreane. In sintesi, l’America sotto la guida di Biden difende Israele, ma non esercita una dissuasione adeguata contro l’Iran e i suoi alleati. Di conseguenza, Israele si sente costretto a esercitare da solo una dissuasione molto forte per la propria sicurezza, rischiando così errori che poi favoriscono demonizzazioni. Questo non è accettabile.

Da un lato, Israele possiede un potenziale militare convenzionale e non, oltre a capacità nascoste, capace di annientare tutti i suoi nemici. Dall’altro, non ha alcun interesse a farlo. Ha piuttosto l’interesse a stabilire buone relazioni con le nazioni arabe e islamiche in generale. C’è anche un interesse a ridurre la disperazione dell’ebreo circondato da persone che desiderano la sua distruzione e lo spingono alla violenza, favorendo le fazioni politiche più estreme.

Non desidero tediarvi con troppi dettagli, ma è chiaro che, se non si desidera una degenerazione bellica incontenibile, è necessario fornire a Israele segnali concreti di una garanzia internazionale di sicurezza. Pertanto, invoco una presa di responsabilità da parte del G7 e delle nazioni compatibili per fornirla: l’alleanza delle democrazie che la difenda efficacemente, potendo così richiedere in cambio una riduzione della violenza alimentata dalla disperazione.

www.carlopelanda.com

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