EMERGENZA ENERGETICA: La Sorprendente Strategia di Trump e le Domande sull’UE!

Durante il suo discorso d’inaugurazione, Trump ha annunciato la sua intenzione di proclamare uno stato di emergenza energetica nazionale, il che gli permetterà di emanare una serie di decreti esecutivi. Si assisterà all’eliminazione di alcune restrizioni precedentemente imposte dall’amministrazione precedente sulle attività di estrazione mineraria, al ritiro di varie misure adottate da Biden, inclusi gli incentivi per i veicoli elettrici e altre normative sulle emissioni. Saranno inoltre cancellate tutte le normative che limitano le opzioni dei consumatori riguardo agli elettrodomestici, mentre verranno concesse nuove licenze per i terminali di esportazione del gas. Il Wall Street Journal ieri suggeriva che il nuovo Presidente potrebbe non affrettarsi a imporre nuovi dazi, preferendo attendere analisi più dettagliate.



Nonostante non esista una vera e propria emergenza energetica negli Stati Uniti, almeno secondo la percezione europea, oggi il paese gode di alcuni dei costi energetici più bassi al mondo; i prezzi dell’elettricità sono un decimo di quelli italiani e quelli del gas un quarto di quelli europei. Gli USA sono già il maggior produttore mondiale di idrocarburi e il principale esportatore di gas. Il rilancio dell’industria americana e il riequilibrio del deficit commerciale dipendono da prezzi energetici competitivi, specialmente per neutralizzare gli effetti inevitabili che i dazi avranno sui prezzi interni e sui consumi delle famiglie. Mantenere bassi i prezzi dell’energia è essenziale per qualsiasi ambizione industriale. La situazione del debito pubblico americano e la struttura dei mercati finanziari suggeriscono una politica monetaria flessibile sull’inflazione, che richiede di recuperare margini di profitto dove possibile.


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Disporre di energia abbondante ed economica è poi un vantaggio negoziale cruciale nei confronti degli alleati in difficoltà. Anche dopo la tregua a Gaza, il Medio Oriente rimane una regione piena di incertezze, e le dinamiche tra America e Iran continuano a essere contrapposte. Gli Stati Uniti cercano di proteggersi da possibili fluttuazioni nei mercati energetici globali o dalle conseguenze di conflitti o nuove sanzioni. Nonostante non vi sia un’emergenza energetica in America, esiste una chiara consapevolezza di quanto sia vitale garantire l’accesso a forniture e prezzi controllati.



Recentemente in Italia i prezzi dell’elettricità hanno raggiunto i massimi degli ultimi due anni, con valori più che raddoppiati rispetto a dodici mesi fa. In questo periodo, molte imprese sono costrette a chiudere o a ricorrere alla cassa integrazione per centinaia di lavoratori. La produzione di energia eolica in Germania è nuovamente bloccata a causa dell’assenza di vento, creando turbolenze nei mercati energetici europei; per l’energia solare, bisogna attendere la fine dell’inverno e l’allungamento delle giornate. La Germania possiede una capacità eolica cinque volte superiore a quella italiana, ma senza vento, i risultati non cambiano. Forse la colpa è degli “speculatori” che, tuttavia, basano le loro previsioni su domanda e offerta di gas e fanno le loro scommesse; sono gli stessi che nella primavera del 2024 avevano portato il prezzo del gas ai minimi dal 2021.

In Italia c’è un’emergenza e le aziende chiudono, ma pochi ne parlano. Eolico e solare non si dimostrano soluzioni adeguate ai tempi imposti dalla crisi, come evidenzia il caos in Germania; nemmeno il nucleare, sebbene sia essenziale a lungo termine, è una soluzione tempestiva. I limiti ai prezzi del gas, in qualunque forma, possono essere una mossa politicamente vantaggiosa, ma sono rischiosi perché possono portare a blackout. Un’alternativa potrebbe essere imporre un limite ai prezzi di vendita delle fonti a costo fisso, per generare risorse utili a ridurre le bollette delle imprese energivore. È necessario accelerare gli investimenti nell’energia idroelettrica, protagonista dell’exploit della produzione rinnovabile italiana nel 2024. Sarebbe opportuno valutare le opzioni energetiche confrontando realisticamente i costi, dal basso verso l’alto, evitando di avventurarsi in confronti e percentuali che possono dimostrare tutto e il contrario di tutto. L’analisi dovrebbe includere il controllo delle forniture e delle tecnologie, poiché lo scenario del 2025 non è quello di dieci anni fa.

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La certezza, per ora, è che l’Europa si trova isolata nel perseguire una visione particolare della transizione energetica. Se l’America ha un’emergenza, l’Europa e l’Italia, con prezzi dell’elettricità dieci volte superiori, dovrebbero innanzitutto adottare un approccio più realistico.

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