FED & POLITICA: Gli “imprevisti” minano la strategia di Powell!

Mercoledì 18 settembre, si è svolto il tanto atteso incontro del Fomc della Federal Reserve, che ha segnato un punto di svolta per gli investitori con la decisione di ridurre i tassi di interesse per la prima volta dopo oltre due anni di una politica monetaria più stringente.

La decisione della Banca centrale degli Stati Uniti ha preso di sorpresa gli operatori di mercato con un abbassamento dei tassi di 50 punti base, portandoli al 5%. Questa misura è comparabile a quelle adottate in momenti critici passati, come l’inizio della pandemia e la crisi finanziaria del 2008.



Grafico 1 – Fed funds target rate

La Federal Reserve anticipa ulteriori due riduzioni dei tassi entro la fine dell’anno, per un totale di 50 punti base, che porterebbero i tassi a un intervallo tra il 4,25% e il 4,5%. I mercati, tuttavia, prevedono una riduzione ancora maggiore, arrivando a un tasso del 4,25% entro fine anno.

Il Presidente Powell ha sottolineato che la Banca centrale non è in ritardo nel suo ciclo di allentamento monetario. Al contrario, questo taglio più ampio del previsto dimostra l’intenzione di adeguarsi rapidamente ai cambiamenti. Powell ha anche riaffermato che l’economia americana è solida e che la riduzione dei tassi aiuterà a mantenerla tale, favorendo un mercato del lavoro stabile e una continua diminuzione dell’inflazione.



Le borse hanno reagito positivamente a queste novità, guadagnando fiducia nelle dichiarazioni del Presidente e registrando aumenti il giorno seguente, con l’indice SP500 che ha raggiunto nuovi massimi storici. C’era la possibilità di interpretare il taglio maggiore del previsto come segnale di un ritardo della Fed, ma la percezione prevalente è stata quella di una maggiore fiducia nel controllo dell’inflazione, che si avvicina all’obiettivo del 2%, nonostante alcune preoccupazioni legate al rallentamento del mercato del lavoro.

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Dal Summary of Economic Projections emerge che le previsioni sul tasso di disoccupazione sono aumentate, passando dal 4% di fine anno previsto a giugno al 4,4% attuale. Inoltre, per il 2025, la Fed prevede ulteriori tagli per un totale di 100 punti base. Anche il tasso neutrale di lungo periodo è stato rivisto al rialzo, dal 2,8% al 2,9%, indicando una possibile maggiore resilienza dell’economia a tassi d’interesse più elevati rispetto agli ultimi decenni.

Per quanto riguarda l’inflazione, le proiezioni sono state aggiustate al ribasso, prevedendo un indice PCE al 2,3% entro la fine dell’anno, contro il 2,6% di giugno. Le previsioni sulla crescita economica per il 2024 rimangono stabili al 2%, con prospettive simili per il 2025 e il 2026.

Quindi, è iniziato un nuovo ciclo di politica monetaria meno restrittiva. Gli investitori ora si chiedono quanto durerà questo ciclo. Inflazione e disoccupazione sono variabili chiave in questo scenario. L’inflazione continua a mostrare una tendenza deflazionistica, ma il segmento dei servizi, più persistente, potrebbe non scendere come previsto, influenzando le letture inflazionistiche degli ultimi tre mesi dell’anno. Anche il mercato del lavoro mostra segni di rallentamento, con un tasso di disoccupazione attuale del 4,2% e un tasso di assunzioni mensili del 3,5%, significativamente più basso rispetto al passato.

Monitorare i dati macroeconomici sarà essenziale per determinare se la Federal Reserve sarà in grado di mantenere le sue proiezioni di stabilità economica e occupazionale con un calo dell’inflazione, o se sorprese nei dati la costringeranno a intraprendere azioni non attualmente previste dagli investitori.

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