Nel panorama europeo, caratterizzato da una competitività sempre più esigua rispetto a giganti economici come la Cina e gli Stati Uniti, le industrie chimiche sembrano orientarsi verso l’abbandono dell’UE per trasferirsi in mercati con condizioni di produzione più favorevoli, in particolare per quanto riguarda i costi energetici. Questi ultimi, infatti, sono aumentati notevolmente a seguito del conflitto in Ucraina, superando le medie delle già menzionate superpotenze. Queste informazioni emergono da un’inchiesta del Financial Times, che ha rivelato come un numero crescente di aziende chimiche – anche di grande calibro – stia considerando la vendita delle proprie operazioni regionali per trasferirle all’estero.
Per comprendere meglio la situazione, è utile fare un passo indietro e ricordare che le industrie chimiche, insieme a quelle della lavorazione dei metalli e dell’automotive, sono tra i maggiori consumatori di energia. Già a gennaio, come riferisce il Financial Times, il Consiglio europeo dell’industria chimica aveva lanciato un allarme per l’aumento dei prezzi dell’energia. Negli ultimi due anni, la capacità produttiva chimica in Europa ha subito una perdita di circa 11 milioni di tonnellate, con almeno 21 siti produttivi costretti a chiudere o a ridurre significativamente le loro operazioni.
Le industrie chimiche in fuga dall’UE: i costi dell’energia rendono il mercato meno competitivo
In un contesto descritto dal Consiglio delle industrie chimiche come “sotto pressione”, dove il prezzo del gas in UE è circa quattro volte superiore a quello degli USA, non è sorprendente che le aziende abbiano iniziato a cercare mercati esteri più vantaggiosi. Secondo Sebastian Bray, analista della banca Berenberg intervistato dal FT, le destinazioni preferite sono “Cina e Medio Oriente“. Le prime a muoversi, secondo il Financial Times, sono state la Dow e la LyondellBasell, quest’ultima ha chiuso alcune delle sue sedi in Europa in ottobre, a seguito di una “revisione strategica” delle proprie attività.
Anche la Ineos, a marzo, ha venduto le sue attività produttive legate ai compositi per la plastica a KPS Capital Partners per 1,7 miliardi di euro. La scorsa settimana, l’acquirente ha annunciato di aver concluso un accordo esclusivo per la fornitura di gas con la statunitense Covestro. Un’altra azienda importante, la Sabic, che genera ricavi annui per 3 miliardi di dollari, ha iniziato a consultare le banche di investimento Lazard e Goldman Sachs per trasferire le sue operazioni.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.