Scuola del Domani è il nome di una nuova piattaforma educativa che promette innovazione e ottimismo; tuttavia, emergono dubbi su come questa visione possa essere effettivamente realizzata. Le Direttive nazionali, per quanto poetiche e ispiratrici sulla carta, si scontrano con la difficoltà nella loro applicazione pratica.
Scuola del Domani. Nella realtà attuale, l’unica prospettiva che un insegnante può avere, se la sua scuola partecipa al PNRR, è un flusso imponente di finanziamenti destinati a progetti imposti dall’alto, senza una vera considerazione delle necessità specifiche di ogni istituto. Il tutto si accompagna a un calendario fitto di riunioni, corsi di formazione e impegni, sia curriculari che extracurriculari, con vario grado di obbligatorietà e delega.
Si procede in un territorio nebuloso dove la direzione è incerta e le scoperte avvengono solo procedendo a tentoni. I pomeriggi sono carichi di “potenziali” impegni la cui realizzazione è programmata ma incerta. Quest’incertezza porta confusione e irritazione, un sentimento ben diverso dalla flessibilità e dall’adattabilità richieste dai contrattempi, che sono il pane quotidiano nel mondo dell’educazione. Ogni professionista autentico aspira al miglioramento continuo e alla formazione; tuttavia, il problema non è il tempo dedicato a tali attività, ma piuttosto la rigida delimitazione degli interessi da seguire, disgiunti dalle reali esigenze di ciascuno e di ogni materia. È stata mai condotta un’analisi autentica e approfondita di queste necessità?
PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. “Ripresa” significa riacquisire qualcosa che era stato lasciato; “Resilienza” indica la capacità di recuperare da situazioni stressanti uscendone rinforzati. Questi concetti sembrano adattarsi perfettamente al contesto scolastico, che intrinsecamente porta questi valori, ma mi lasciano perplessa. Se li adottassimo veramente, forse non ci troveremmo oggi a chiederci preoccupati verso quale direzione sta andando la scuola.
Il PNRR pone interrogativi sulla rotta che sta tracciando. Una rapida occhiata alla sezione “Percorsi” del suo sito rivela che la maggior parte dei programmi riguarda il digitale. La transizione digitale è inevitabile, data l’evoluzione tecnologica in corso, e richiede un’educazione appropriata, che le scuole stanno già fornendo. Tuttavia, c’è un grande “ma”.
Il digitale fa parte del nostro presente, ma ciò che manca oggi sono le relazioni umane, l’educazione ai sentimenti, l’esplorazione del significato profondo delle parole. I giovani ci lanciano questi messaggi ogni giorno, consapevolmente o meno. Il mondo digitale sta espandendo e creando un nuovo spazio dove le loro vite si svolgono e si complicano, come spesso succede nell’adolescenza. Non possiamo limitarci a fornire strumenti per districare soltanto nodi teorici o tecnici; abbiamo bisogno di “pettini umani” fatti di esperienze reali, dinamiche relazionali, gestione dei conflitti e delle frustrazioni, vita vissuta insieme, ascolto e ricostruzione del significato concreto delle parole come amicizia, amore, famiglia, perdono, accoglienza, rispetto, gruppo, oltre che studio, impegno, sacrificio, pazienza, fatica. Questi aspetti sono inclusi nel percorso della Scuola del Domani o siamo alla deriva?
“Ripresa” indica il ritorno al possesso di qualcosa, il recupero di ciò che era stato abbandonato. Ma possiamo definire il periodo attuale veramente una “ripresa”? Prima del Covid, eravamo già fuori rotta? Forse abbiamo perso un’opportunità per ritornare all’essenza? Ai bisogni reali dei nostri studenti? “Resilienza” implica resistere e uscirne rafforzati. Ma è la scuola veramente più forte ora? Ha dimostrato una grande capacità di adattamento durante il Covid, ma ha il coraggio di abbandonare la strada della mera performance per ritornare alla sua essenza?
“L’obiettivo della scuola non deve essere principalmente quello di sviluppare singole tecniche e competenze; piuttosto, deve essere quello di formare integralmente ogni persona, sia sul piano cognitivo che culturale, affinché possa navigare positivamente attraverso l’incertezza e i cambiamenti degli scenari sociali e professionali, attuali e futuri. […] In questo contesto, la scuola ha specifiche responsabilità: fornire agli studenti opportunità di apprendere i saperi e i linguaggi culturali di base; permettere loro di acquisire gli strumenti di pensiero necessari per selezionare le informazioni; promuovere la capacità di elaborare metodi e categorie utili per orientarsi; favorire l’autonomia di pensiero degli studenti, orientando l’insegnamento verso la costruzione di conoscenze basate su reali bisogni formativi. […] Lo studente è al centro dell’educazione in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi. In questa visione, i docenti sono chiamati a pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone concrete, che vivono nel qui e ora, che esprimono domande esistenziali precise, che cercano orizzonti di significato” (Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, 2012).
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.