Il Parlamento Europeo sfida il Consiglio e la Commissione Europea portandoli davanti alla Corte di Giustizia per violazione delle normative dei Trattati nell’ambito del Piano di Riarmo
CONTINUA IL CONFLITTO TRA IL PARLAMENTO UE, IL CONSIGLIO E LA COMMISSIONE EUROPEA RIGUARDO AL PIANO DI RIARMO
Non è stata sufficiente la lettera di risposta di Ursula Von der Leyen, inviata nei giorni scorsi al Parlamento Europeo, che contestava le accuse rivolte ai vertici dell’UE di aver eluso le normative comunitarie per accelerare il processo di approvazione del Piano di Riarmo (incluso nel Libro Bianco sul RearmEU). L’ultimo sviluppo è che, seguendo i pareri delle varie commissioni, il prossimo passo vedrà l’Eurocamera portare i governi degli Stati Membri – tramite il Consiglio Europeo – di fronte alla Corte di Giustizia.
Il Parlamento Europeo è da tempo in aperta collisione con i leader e la Commissione Europea per aver, a loro dire, escluso il principale organo rappresentativo dell’Unione Europea dal processo decisionale e di approvazione del piano di riarmo, fondamentale per il futuro prossimo (anche alla luce degli eventi recenti al di fuori dei confini europei). In particolare, a fine maggio, l’approvazione della proposta di regolamento SAFE – che permette all’Europa di indebitarsi sui mercati finanziari fino a 150 miliardi di euro in prestiti (destinati esclusivamente a spese militari) – ha scatenato la furia del Parlamento Europeo a causa della manovra “elusiva” atta a evitare uno scontro diretto all’interno della maggioranza di Ursula Von der Leyen, che è tutt’altro che unita sulla questione della guerra e del riarmo.
Ora il Comitato per gli Affari Legali del Parlamento UE ha lanciato una sfida annunciando che tutti i governi degli Stati membri, rappresentati dal Consiglio Europeo guidato da Antonio Costa, saranno chiamati a presentarsi formalmente davanti alla Corte di Giustizia UE. La questione si basa – come riportato da “Open Online” – sull’articolo 122 del Trattato UE che permette di prendere decisioni “in autonomia” solo in circostanze eccezionali, come sostenuto dalla stessa Presidente Von der Leyen in risposta alla lettera della Presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola.
QUALI SONO LE POSSIBILI CONSEGUENZE MENTRE LA CRISI DI RIARMO SI AGGRAVA FUORI DALL’EUROPA
Escludere il Parlamento Europeo dal voto e dalla decisione è considerato un atto scorretto e antidemocratico, da cui deriva la decisione di portare la questione nelle sedi appropriate dopo un voto molto chiaro in Comitato Affari Legali (20 favorevoli, 0 contrari, solo 3 astenuti). Secondo la leader della Commissione Europea, non si dovrebbe parlare di “minaccia democratica” dato che tutto sarebbe giustificato dall’urgenza di un processo in un periodo di guerra in Ucraina e Medio Oriente che richiede un’azione decisa di difesa da parte dell’Europa.
Dopo la richiesta formale di comparire davanti alla Corte di Giustizia UE, la Presidente del Parlamento Metsola ha tempo fino al 21 agosto per presentare formalmente la causa contro il Consiglio: in alternativa, la questione tornerà in plenaria all’Europarlamento per un voto chiarificatore, ma i tempi sono stretti e la sessione dovrebbe tenersi non oltre l’inizio di luglio. Socialisti, Popolari e anche le opposizioni dei Patrioti: l’approccio scelto da Costa e Von der Leyen non ha convinto nessuno e si rischia un incidente diplomatico-politico, specialmente in un momento storico in cui, tra impegni NATO e pressioni del G7, l’intero Occidente si trova nel mezzo di un caos geopolitico internazionale.
Ad oggi, la clausola del piano di riarmo tramite il regolamento SAFE è stata attivata da ben 16 Paesi europei, con l’Italia tra i pochi a non aver ancora avanzato la richiesta di prestiti: «una minaccia all’equilibrio istituzionale, non una leadership forte» è come viene descritto il tentativo di “controllo” democratico del Consiglio UE e della Commissione criticato dal partito dei Socialisti & Democratici, a cui si uniscono anche altre liste presenti nel Parlamento Europeo.
È importante ricordare che il piano di Riarmo UE vale complessivamente 800 miliardi di euro, di cui 150 tramite il programma SAFE “denunciati” dalla Commissione Juri e dal Comitato Affari Legali, mentre i restanti 650 miliardi riguardano il limite di spesa che i Paesi possono estendere per la Difesa aumentando il debito pubblico interno senza essere soggetti ai vincoli del nuovo Patto di Stabilità.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.