SCENARIO AUTO: La retromarcia che salverà l’UE e la sua industria!

La Commissione europea recentemente nominata mostra una predilezione per i nomi risonanti. Il Commissario per l’Industria, il francese Stéphane Séjourné, è stato rinominato Commissario per la “Prosperità e Strategia Industriale”. D’altra parte, la Vicepresidente per l’Ambiente e la Concorrenza, la spagnola Teresa Ribera, è ora a capo della “Transizione Pulita, Giusta e Competitiva”.



Auspichiamo che queste denominazioni ambiziose si traducano in politiche tangibili e pragmatiche. Negli ultimi anni, la Commissione europea ha adottato misure per accelerare il distacco dal modello di mobilità dipendente dal petrolio, le quali, anche se non sono l’unico fattore, hanno sicuramente contribuito ad aggravare la crisi del settore automobilistico, danneggiando l’Europa nel suo complesso.



Una di queste misure include il divieto di vendere auto con motori a combustione interna a partire dal 1° gennaio 2035 e, da gennaio di quest’anno, l’introduzione di sanzioni per i produttori che eccedono determinati limiti di emissioni. Le case automobilistiche sono obbligate a versare 95 euro per ogni grammo di CO2 emesso oltre i 95 grammi per chilometro, moltiplicato per il numero di veicoli venduti.

Consideriamo, per esempio, la Dacia Sandero, il veicolo più venduto in Europa nel 2024, con circa 250.000 unità su un totale di 12 milioni di veicoli. Questo modello emette tra i 113 e i 122 grammi di CO2 per chilometro, risultando in una multa che va dai 1.700 ai 2.500 euro per ogni veicolo venduto, circa il 10% del prezzo finale. Questo potrebbe costare al produttore, se non compensato dalla vendita di veicoli a bassa emissione, tra i 400 e i 600 milioni di euro solo per questo modello, una somma insostenibile.

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Si stima che i costruttori automobilistici europei potrebbero dover pagare tra i 10 e i 15 miliardi di euro in sanzioni quest’anno. È una situazione insostenibile che pone seri problemi, derivanti da una politica inizialmente mal progettata e sviluppata senza un’adeguata consultazione dei settori produttivi europei.

Se le multe saranno effettivamente imposte, ciò metterà in grave difficoltà i produttori europei, già alle prese con tagli drastici del personale. Se invece si decidesse di non applicarle, si minerebbe la credibilità delle istituzioni europee e si danneggerebbero i produttori che, fidandosi delle direttive europee, hanno investito di più per limitare le proprie vendite ai modelli meno inquinanti.

L’idea era di indirizzare i consumatori europei verso veicoli ecologici attraverso un sovrapprezzo che i produttori avrebbero potuto riversare sui prezzi delle auto, spingendo i consumatori a optare per un veicolo ecologico, che oggi ha un costo significativamente superiore rispetto a uno tradizionale, o a sopportare un costo maggiore per un’auto convenzionale.

Quello che è mancato è stata la comprensione, o l’interesse, per il fatto che in entrambi i casi, il costo finale per il consumatore sarebbe stato più elevato. Purtroppo, molti cittadini europei, soprattutto i meno abbienti, non possono permettersi questa differenza di prezzo. Le vendite stentano e le aziende lungo la catena di fornitura stanno chiudendo.

La soluzione proposta era l’introduzione di un vasto sistema di incentivi per l’acquisto di auto ecologiche. Tuttavia, i sussidi funzionano quando sono mirati e temporanei. Non è possibile pensare a sussidi permanenti per la mobilità per la maggior parte della popolazione europea.

Fortunatamente, il Commissario europeo Séjourné ha mostrato apertura alla possibilità di rivedere immediatamente tali politiche, come richiesto da vari paesi, tra cui l’Italia. È la decisione corretta. Non c’è più tempo. È evidente che queste politiche non stanno funzionando e, oltre a danneggiare il sistema produttivo, potrebbero allontanarci dalla necessaria transizione ambientale.

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A causa dei costi elevati delle auto, i consumatori stanno posticipando l’acquisto di nuovi veicoli o optando per quelli usati. Il prezzo delle auto usate è in aumento e, contemporaneamente, il parco auto sta invecchiando, esattamente il contrario di ciò che sarebbe necessario per una transizione ambientale.

Inoltre, la crisi produttiva potrebbe alimentare rabbia e frustrazione verso le politiche ambientali in ampie fasce della popolazione. È già accadendo.

Infine, c’è il rischio che Donald Trump possa presto iniziare una nuova stagione di protezionismo e tariffe, che potrebbe ulteriormente peggiorare le sorti del settore automobilistico europeo.

Gli obiettivi che l’Europa si è posta devono essere eliminati o adeguatamente ricalibrati in modo socialmente sostenibile, riducendo le ambizioni e posticipando i tempi. Inoltre, dovrebbe essere permesso l’uso di biocarburanti avanzati derivati da biomasse, che pur essendo costosi, sono potenzialmente sostenibili, e non solo degli e-fuels tedeschi sviluppati dalla Porsche, il cui uso, data l’attuale produzione e i costi, è al momento concepibile solo per una ristretta e benestante nicchia.

È necessario agire subito, senza ulteriori attese. In gioco c’è la credibilità delle istituzioni europee. L’alternativa sarebbe peggiore.

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