SPY FINANZA: L’Italia Dice Addio al Gas Russo per Trump!

Permettetemi di non unirmi agli entusiasmi per il viaggio di Giorgia Meloni negli Stati Uniti. Non è una questione personale, intendiamoci. Piuttosto, preferisco concentrarmi sui fatti concreti, lasciando a altri le speculazioni.

E, a quanto pare, questa è stata l’unica vera conclusione tangibile emersa dall’incontro alla Casa Bianca tra Donald Trump e la Presidente del Consiglio italiana.



Non sorprende quindi che la stampa italiana abbia scelto di ignorare bipartisan la notizia. I difensori del centrodestra perché nemmeno il più coriaceo volto di bronzo potrebbe dipingere questa situazione come un trionfo diplomatico. I centrosinistra per l’ossessione anti-russa che li affligge ormai irrimediabilmente.



La conferenza stampa finale si è concentrata su argomenti completamente diversi da quelli annunciati come cruciali. Un attacco diretto a Jerome Powell, per esempio, quasi una spinta verso le dimissioni. Poi l’annuncio di un accordo imminente con Kiev sulle terre rare e addirittura la rivelazione che Donald Trump avrebbe impedito un attacco israeliano su strutture nucleari iraniane la settimana scorsa. Manca solo una discussione sul menù di Pasqua. Insomma, di tutto tranne che di dazi.



Era prevedibile. Mentre la Premier italiana veniva accolta con tutti gli onori alla Casa Bianca per aprire un fronte negoziale, l’UE annunciava già di lavorare a misure di ritorsione in caso di esito negativo. E con ogni Paese europeo che va per la propria strada, dal filo-cinese della Spagna alla Francia in cerca di identità fino alla Germania che si compiace del proprio isolamento fiscale, tutto sembra collegato.

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Ad esempio, mentre Giorgia Meloni combatteva il jet lag in attesa dell’arrivo del Vicepresidente USA a Roma, la Cina annunciava lo stop totale all’importazione di gas naturale liquefatto americano come misura ritorsiva. Guarda un po’ le coincidenze. Il Texas, come nuovo primo esportatore mondiale, rischiava di dover rivedere i propri piani imperiali, mentre Gazprom si sfregava le mani per il nuovo cliente in esclusiva.

E tutto mentre l’unico annuncio ufficiale della Presidente del Consiglio era l’aumento degli acquisti italiani di LNG, lo stesso gas che la Cina aveva bandito. Una mera coincidenza, ovviamente. Ma il problema è tutto italiano. Un puro pragmatismo commerciale, dato che quel gas costa molto più di quello russo e non porterà sollievo nelle bollette di famiglie e imprese durante l’estate, senza contare l’assenza di sostegni governativi, come già annunciato dal Ministero dell’Economia.

Dopo le difficoltà per Kiev, ora quelle per Washington. Mentre le nostre aziende lavoravano già per tornare ai rapporti con Gazprom, il ministro competente aveva chiarito che, con una tregua in Ucraina, avremmo ripreso a rifornirci da Mosca.

E mentre Donald Trump attendeva la sua ospite sulla soglia della Casa Bianca, veniva pubblicato l’outlook più seguito e accurato sulla condizione economica degli USA, il Philly Fed manifatturiero della Federal Reserve di Philadelphia.

Solo tre volte in passato si era registrato un calo mensile più marcato di quello attuale: due volte nella primavera del 2020 e nell’ottobre del 2008. In tre mesi, gli USA sono passati da +44 a -26. Siamo davvero sicuri di aver scelto il partner giusto per affrontare una probabile recessione? Quanto e cosa ci ha promesso per passare dalla “dittatura energetica” russa alla possibile bancarotta energetica statunitense?

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Di fronte a tutte queste letture dell’andamento della produzione industriale, chiudere completamente la porta a un riavvicinamento con Gazprom per acquistare un prodotto di qualità inferiore, che costa cinque volte di più, deve attraversare un oceano per arrivare qui e impone costosi tempi di rigassificazione, sembra davvero un successo da festeggiare? Ripeto, questa è l’unica decisione concreta presa, emersa e confermata. Il resto sono solo parole.

Infine, non viene spontaneo chiedersi se sia l’Europa a dover “leccare il sedere” a Donald Trump o il contrario, nonostante le supercazzole di Wall Street e l’ormai certo “incidente controllato” che costringerà il giubilato Powell a premere di nuovo il tasto “print”?

Giudizi e argomentazioni urticanti, lo ammetto. Ma datemi torto, al netto delle militanze e delle simpatie, basandomi sui dati di fatto. E poi, si sa, quando si tratta di bluff energetici, il tempo con me è galantuomo. E anche molto puntuale nel presentare il conto.

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