RIMUOZIONE DELLE AZIENDE CINESI DAI LISTINI USA: L’ULTIMA PROPOSTA DI TRUMP
L’amministrazione di Trump sta valutando la possibilità di rimuovere dal listino le azioni delle società cinesi presenti nei mercati azionari statunitensi. Questo scenario è stato rivelato da Fox Business, che indica che il futuro presidente della SEC, Paul Atkins, gestirà questa delicata situazione, che potrebbe intensificare ulteriormente la guerra commerciale innescata dai dazi una volta entrato in carica. Tra le aziende cinesi che sono negoziate pubblicamente negli Stati Uniti figurano nomi noti come Alibaba, Yum China, Tencent, NetEase, Nio, Baidu e JD. Secondo un rapporto del governo USA, al 7 marzo, 286 società cinesi sono quotate nei mercati americani con una capitalizzazione di mercato complessiva di 1.100 miliardi di dollari.
Si discute ancora su come procedere, dato che la normativa statunitense permette la rimozione dai listini se le aziende cinesi non concedono l’accesso ai loro registri contabili e non chiariscono i loro legami con il governo cinese. All’inizio della settimana, Scott Bessent, segretario al Tesoro degli Stati Uniti, ha affermato che “tutto è in discussione” riguardo alla possibilità che Washington elimini le aziende cinesi dai mercati azionari americani, sottolineando tuttavia che la decisione finale spetterà al presidente Donald Trump.
RIMUOZIONE DELLE AZIENDE CINESI: POSSIBILI SCENARI
Tuttavia, le aziende cinesi sembrano non lasciarsi scoraggiare dai crescenti rischi di delisting. Ad esempio, la catena di bevande Chagee sta portando avanti il suo piano per un’offerta pubblica iniziale (IPO) negli USA, affermando che “procederà come previsto” al Nasdaq. L’azienda ha escluso quindi altre destinazioni per la quotazione, come Hong Kong. Secondo il South China Morning Post, Chagee sta cercando di raccogliere fino a 411 milioni di dollari, vendendo 14,7 milioni di azioni di deposito americane (ADS), con una valutazione di 5,1 miliardi di dollari. Anche la catena di prodotti a basso costo Miniso ha minimizzato i timori di delisting.
Un portavoce di Miniso ha dichiarato: “Siamo principalmente quotati a Hong Kong e le nostre azioni a Hong Kong e negli USA possono essere convertite liberamente. L’eventuale delisting avrebbe un impatto minimo su di noi“. Molti banchieri e analisti ritengono che proprio Hong Kong potrebbe beneficiare del delisting delle aziende cinesi dai mercati americani, se tale evento dovesse verificarsi. “Queste società potrebbero considerare una quotazione secondaria o una doppia quotazione primaria a Hong Kong per raccogliere fondi, il che darebbe impulso al mercato delle offerte pubbliche iniziali (IPO)“, ha opinato Tom Chan Pak-lam, presidente onorario dell’Institute of Securities Dealers, un’organizzazione del settore dei broker.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.