La Legge 15 dicembre 2014, n. 186, in materia di emersione e rientro dei capitali detenuti all’estero e auto riciclaggio, introduceva nel codice penale il nuovo reato di autoriciclaggio, che consiste nel reimpiegare, occultando origine e utilizzo, denaro o beni derivanti da un reato commesso in precedenza. A differenza del riciclaggio tout-court, che presuppone l’intervento di un soggetto terzo che appunto ricicla il bene o il denaro, nel reato di autoriciclaggio, i due atti vengono compiuti dallo stesso soggetto. La pena prevede la reclusione da due a otto anni e una multa che può andare da 5.000 a 25.000 euro.

Un aumento di pena è previsto nel caso che il reato sia collegato ad attività di natura bancaria, finanziaria o professionale.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3691/2016, del 27 gennaio), primo intervento giurisprudenziale sul tema, afferma che l’autoriciclaggio può essere contestato anche quando il reato presupposto è stato commesso prima dell´entrata in vigore del nuovo articolo 648-ter.1 del Codice penale.

La Corte di Cassazione ritiene, infatti, improprio il riferimento all’art. 2 c.p., sul principio di irretroattività della legge penale, giudicandolo irrilevante per la configurabilità del reato ex art. 648 ter 1, c.p. A fronte di ciò, l’autoriciclaggio si configurerebbe nel momento in cui vengono reimpiegati o movimentati i proventi del reato presupposto, che pertanto può consumarsi a distanza di tempo rispetto a quello principale.