DAZI E POLITICA: Gli USA a Rischio di Debolezza!

Non è ancora definito se e in quale momento inizieranno le discussioni ufficiali tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea riguardo la questione dei dazi. Attualmente, è noto che il 2 aprile verranno applicati i dazi reciproci annunciati da Washington, mentre Bruxelles ha posticipato all’introduzione di misure di ritorsione su determinati prodotti statunitensi a seguito dell’imposizione di tariffe del 25% sull’importazione di acciaio e alluminio negli USA.



Secondo Nicola Rossi, ex Professore di Economia presso l’Università di Roma Tor Vergata, «le trattative sono possibili solo quando esiste chiarezza sul tema da discutere. Da questo punto di vista, l’UE sembra confrontarsi con un interlocutore non del tutto affidabile.

Di conseguenza, l’atteggiamento più logico sembra essere quello di prepararsi per l’eventualità che Trump mantenga le sue promesse, aspettando di vedere quali saranno le sue reali decisioni».



Prepararsi significa quindi essere pronti a implementare i dazi di ritorsione che sono stati momentaneamente rimandati?

A mio avviso, la questione non è puramente commerciale e non riguarda esclusivamente i mercati dei beni e dei servizi, ma potrebbe estendersi anche al settore finanziario. Esistono diverse strategie che possono essere adottate per mitigare, contrastare o invertire le conseguenze di una potenziale guerra commerciale innescata dall’amministrazione americana.

Parlando di mercati finanziari, sembra che attualmente gli stessi investitori istituzionali americani stiano deviando dalle Big tech USA per orientarsi verso l’Europa, considerando anche le previste spese per la difesa.



Sì, sembra che ci troviamo di fronte a una realtà per la quale probabilmente non eravamo preparati fino a pochi mesi fa: dobbiamo riconoscere che esiste un rischio Paese per gli Stati Uniti.

LEGGI  Superbonus e Debito: La Nuova Proposta Rivoluzionaria di Draghi!

Con la nuova Amministrazione si dovrà affrontare presto il problema del limite del debito…

Questa questione si presenta regolarmente negli Stati Uniti. Il punto cruciale è cosa decideranno di fare i grandi investitori internazionali, inclusa l’Europa, che possiedono una porzione significativa dei titoli del debito pubblico americano. Sarà essenziale valutare con attenzione il rischio associato a questi titoli.

È stato anche ipotizzato che l’Amministrazione americana possa favorire un rallentamento dell’economia o persino una recessione. Qual è la sua opinione al riguardo?

Potrebbe essere, ma personalmente non sono in grado di discernere quali siano le reali intenzioni dell’Amministrazione americana in questo momento.

Nonostante la nota indipendenza della Banca Centrale, questo scenario complica le decisioni della Fed, sotto la pressione di Trump che auspica ulteriori tagli dei tassi.

Effettivamente, la Casa Bianca sta esercitando una certa pressione sulla Fed e comincio a dubitare del futuro dell’indipendenza della Fed. Ricordiamoci che tra un anno scadrà il mandato dell’attuale Presidente Jerome Powell e, se analizziamo attentamente i documenti che stanno alla base delle decisioni dell’attuale Amministrazione, notiamo come il rischio di una ridotta indipendenza della Banca centrale sia molto alto. Anche per questo motivo, i detentori del debito pubblico americano dovrebbero riflettere attentamente sulle loro scelte.

Questa settimana il commissario europeo al Commercio si recherà a Pechino per colloqui di alto livello. Anche il ministro degli Esteri francese visiterà la Cina. Considerando i rapporti attuali con gli USA, l’UE si orienterà sempre più verso il gigante asiatico?

È chiaro che una delle strategie per mitigare l’impatto di una guerra commerciale iniziata dagli Stati Uniti sia quella di diversificare i nostri mercati di destinazione. Credo che nel momento in cui si decide di diversificare, questa operazione dovrebbe essere realizzata in tutte le direzioni possibili e realistiche: non sarebbe saggio limitarsi a una sola direzione. Non è un caso che la Presidente della Commissione Europea abbia recentemente visitato l’India.

In Europa si discute molto dell’incremento degli investimenti nella difesa. Potrebbero questi influire negativamente sul costo del debito pubblico?

LEGGI  Draghi sfida l'UE e Trump: "Decisioni urgenti, cambiamenti inevitabili!"

Se ho interpretato correttamente, la parte di spesa che verrebbe coperta da un regime simile al fondo Sure offrirebbe a molti Paesi condizioni più favorevoli rispetto a quelle di mercato. È ovvio che se ci fossero ulteriori emissioni di debito da parte dei Paesi membri in quantità significative, ciò avrebbe inevitabilmente un impatto sui rendimenti dei titoli di stato.

Le circostanze attuali non ci permettono di agire molto diversamente da quanto stiamo già facendo, per quanto ciò possa essere considerato sufficiente o inadeguato sotto diversi aspetti. Tuttavia, è meglio agire piuttosto che non fare nulla: la situazione attuale non sembra permetterlo.

Per poter investire nella difesa, sarà necessario rivedere la spesa pubblica?

La sensazione, che noto essere condivisa, è che l’Europa sia stata in grado di sostenere lo stato sociale degli ultimi decenni anche perché non doveva preoccuparsi di alcune voci di spesa, in particolare quelle militari. Ora questa situazione è cambiata e credo sia inevitabile riflettere sulle priorità all’interno del bilancio europeo e di quello dei singoli Stati. Questo è particolarmente vero in un Paese come l’Italia, che purtroppo non cresce da 30 anni, e quindi non può più permettersi certe spese nel modo in cui le permetteva in passato.

Significa quindi che dobbiamo rinunciare a spese come quelle per l’istruzione o la sanità?

Non ne sono convinto. Ci sono ancora ampi margini di spreco, forse non risolutivi, ma è necessario intervenire su questi quanto prima. Inoltre, è essenziale rivedere l’agenda delle priorità. Faccio un esempio a livello europeo: abbiamo molti dubbi sul funzionamento delle politiche di coesione; è davvero ragionevole mantenerle così come sono, o non dovremmo piuttosto destinarle a quei Paesi che ne hanno veramente bisogno, mentre altri hanno dimostrato di non averne bisogno, visto che i fondi non sono stati utilizzati adeguatamente? Questa è solo una delle molte riflessioni da fare. Non credo sia possibile immaginare che in un mondo che sta cambiando rapidamente, l’unica cosa a rimanere invariata sia la struttura dei bilanci pubblici.

LEGGI  RISCHIO UE: Nuovo Accordo Potrebbe Peggiorare la Crisi Europea!

(Lorenzo Torrisi)

— — — —

Articoli simili

Vota questo post

Lascia un commento