Debito USA colpisce ancora: Moody’s taglia il rating, deficit e costi alle stelle entro 2035!

Declassamento del Debito degli USA e le Sue Conseguenze

L’agenzia di rating Moody’s ha annunciato oggi una riduzione del rating del debito degli Stati Uniti, portandolo da Aaa ad Aa1, mantenendo però un outlook stabile. Questo rappresenta il primo abbassamento dal 1994. Con questa mossa, Moody’s si allinea alle decisioni prese precedentemente da altre agenzie di rating: Standard & Poor’s nel 2011 e Fitch nel 2023. Le ragioni dietro questo declassamento includono l’aumento persistente dei deficit federali, previsti al 6,4% del PIL nel 2024 e che si stima raggiungeranno il 9% entro il 2035, e l’incapacità del Congresso di approvare misure fiscali adeguate, evidenziando una crisi strutturale nella gestione del bilancio nazionale.

I costi per gli interessi sul debito sono aumentati del 25% annuo dal 2022 e, secondo le previsioni di Moody’s, costituiranno il 22% delle entrate federali entro il 2035, con il rapporto debito/PIL che supererà il 135%. Questi livelli sono comparabili a quelli di economie emergenti, piuttosto che a quelli della principale economia mondiale. L’agenzia critica anche la decisione di prolungare i tagli fiscali del 2017, introdotti dall’amministrazione Trump e sostenuti dal Partito Repubblicano, che aggiungeranno da soli 4.000 miliardi di dollari al deficit nei prossimi dieci anni. A ciò si aggiungono le spese per welfare e difesa, che nel 2024 supereranno i 1.300 miliardi di dollari.

Nonostante tutto, Moody’s riconosce la resilienza dell’economia americana e il ruolo centrale del dollaro nei mercati finanziari globali. Tuttavia, avverte che la paralisi politica attuale rende quasi impossibile un’inversione di questa tendenza. L’agenzia fa riferimento al recente fallimento di un pacchetto di agevolazioni fiscali in Commissione Bilancio, bloccato da settori ultra-conservatori del GOP, come ultima dimostrazione di questa impasse.

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Implicazioni Globali del Declassamento del Debito USA

Il declassamento del debito degli Stati Uniti da parte di Moody’s non è solo una questione interna, ma rappresenta un campanello d’allarme con conseguenze a livello globale. Infatti, lo spread tra i Treasury decennali e i Bund tedeschi ha raggiunto i 220 punti base, il massimo dal 2022, segnale di una crescente sfiducia. Gli investitori internazionali sono preoccupati per un possibile effetto domino su economie fortemente legate al dollaro, come il Giappone e la Cina, che detengono rispettivamente oltre 1.100 miliardi e 800 miliardi di dollari in titoli del Tesoro USA.

Sebbene l’outlook sia ancora stabile, l’assenza di un piano credibile per ridurre il deficit potrebbe portare a ulteriori revisioni al ribasso. Inoltre, si rischia di minare il ruolo del dollaro come valuta di riserva globale, un ruolo che oggi rappresenta il 58% delle transazioni finanziarie globali.

Il rapporto di Moody’s evidenzia inoltre come fattori geopolitici, come la crescente rivalità con la Cina e l’aumento delle spese militari a sostegno della NATO (stimati in 800 miliardi di dollari entro il 2030), acuiscono l’incertezza finanziaria. La Federal Reserve ha segnalato possibili rialzi dei tassi di interesse per contenere l’inflazione da debito, con previsioni di un costo di rifinanziamento al 5,7% entro il 2025, rispetto al 2,3% del 2020.

Per affrontare il peggioramento dei conti pubblici, Moody’s suggerisce un piano che include aumenti delle tasse sui redditi più alti e tagli alla spesa sanitaria. Tuttavia, anche l’ultimo tentativo bipartisan in questa direzione è fallito, ostacolato dai progressisti contrari a ridurre i fondi per Medicaid. Nel breve termine, il Tesoro dovrà emettere nuovi bond a tassi più elevati, un costo che ricadrà inevitabilmente anche su aziende e famiglie, con un previsto aumento dello 0,5% sui tassi dei mutui entro la fine del 2025.

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