Nel 2017, sono stati 114 i miliardi di dollari a livello globale gestiti in impact investing, sulla base della survey annuale proposta dalla GIIN (The Global Impact Investing Network) a 209 operatori internazionali.
I partecipanti alla survey hanno investito 22,1 miliardi di dollari in quasi 8000 progetti nel 2016 e prevedono un aumento del 17% negli investimenti effettuati nel 2017.
Il 40% è concentrato nell’America del Nord; solo il 14% in Europa.
Il 76% degli investimenti ha performato secondo gli obiettivi predefiniti, il 15% meglio degli obiettivi fissati e solo il 9% ha reso meno delle aspettative.
La maggior parte dei partecipanti alla survey sono fondi di investimento, con obiettivi profit, mentre solo il 20% sono istituzioni non profit o fondazioni. In sostanza, gli investitori in questo ambito non si differenziano dagli investitori tradizionali in termini di veicoli, prodotti, mercati, settori in cui operano, ma solo in termini di motivazioni ed obiettivi di investimento.
Cos’è l’Impact Investing
L’Impact Investing riguarda tutti gli investimenti fatti in aziende, organizzazioni, fondi con l’obiettivo di generare un impatto sociale edambientale, oltre che un ritorno finanziario. Puntano a rendimenti generalmente inferiori a quelli di mercato, ma si basano comunque su obiettivi strategici definiti dagli investitori.
Gli impact investments non sono legati ad iniziative di volontariato in paesi in via di sviluppo, poiché sono cresciuti in modo indifferenziato, anche in aree economicamente più ricche, e sono stati utilizzati per affrontare sfide nei settori dell’agricoltura sostenibile, delle energie rinnovabili, della micro finanza, dei servizi di base, come alloggi, assistenza sanitaria, istruzione.
Sulla base della survey prodotta da GIIN, ad esempio, il 22% degli investimenti è concentrato nel settore degli alloggi, il 16% dell’energia, il 12% della micro finanza, il 10% dei servizi finanziari.
La situazione dell’impact investing in Italia
A livello internazionale, non parliamo di un fenomeno nuovo: già prima di dieci anni fa, infatti, alcuni operatori avevano attivato iniziative di impact investing.
Nel 2013, il G8 istituisce una Task Force con l’obiettivo di occuparsi di Impact Investments; nel 2015 viene istituito il Global Social Impact Investment Steering Group (GSG), a cui partecipa anche l’Italia.
Il GSG ha l’obiettivo di incrementare l’utilizzo dei investimenti sociali, facilitando lo scambio di conoscenze e incoraggiando il cambiamento delle politiche sui mercati nazionali. Sono stati attivati 4 gruppi tematici:
- Impact Measurement, con il compito di individuare processi idonei a stimolare una maggiore uniformità e trasparenza delle tecniche e degli strumenti di misurazione dell’impatto sociale degli investimenti;
- International Development, con il compito di individuare le azioni necessarie allo sviluppo del mercato degli investimenti ad impatto sociale in ambito di cooperazione internazionale;
- Asset Allocation, con il compito di definire azioni e strumenti per stimolare il flusso di fondi verso gli investimenti ad impatto sociale;
- Mission Alignment, con il compito di individuare i modelli di governance più funzionali per assicurare gli investitori circa la continuità e la coerenza delle azioni ad impatto sociale delle Istituzioni che finanziano.
Tra l’attività svolta, vi è anche la pubblicazione dei National Advisory Board Report, Paese per Paese, tra cui anche un documento relativo all’Italia.
Nel documento si propongono 40 azioni ritenute fondamentali per sviluppare un mercato dell’impact investing italiano in grado di rispondere efficacemente ai crescenti bisogni sociali e di proporre una nuova e moderna politica di spesa pubblica.
Sulla base di una stima fatta nel documento, che parte dalla spesa pubblica nazionale per sanità, invalidità, sostegno alle famiglie, housing ed esclusione sociale e di fattori economici – come la crisi finanziaria – e demografici – come l’innalzamento dell’età media – si ritiene che, nel periodo 2014-2020, in Italia ci sarà un gap tra bisogni sociali e spesa pubblica pari a circa 150 miliardi di euro.
Sui dati del 2013, si stimava che gli operatori nazionali mobilitassero circa 175 miliardi di euro verso enti non-profit, imprese sociali e piccole e medie imprese, suddivisi tra 30 miliardi delle banche commerciali e 130 delle banche di credito cooperativo; il resto suddiviso tra società cooperative e fondi. La parte di finanziamenti destinata all’economia sociale (enti non profit, cooperative e imprese sociali) era intorno ai 51 miliardi di euro.
Mentre l’economia sociale ha una lunga storia nel nostro Paese, l’impact investing non è ancora pienamente sviluppato e si ritiene che ci sia ampio spazio per un maggiore sviluppo del settore, fino ad investimenti pari a 250 miliardi nel 2020.