Cosa ne pensano gli operatori di settore sullo status quo in merito al quadro normativo UE sui servizi finanziari?
Il 30 settembre 2015, la Commissione Europea ha avviato una consultazione pubblica in merito allo status del quadro normativo dell’UE per i servizi finanziari”, che si è chiusa a Gennaio 2016. Lo scopo della consultazione è stato quello di consultare tutte le parti interessate sui benefici, effetti indesiderati, consistenza, lacune e coerenza del quadro normativo comunitario per i servizi finanziari.
La Consultazione ha anche avuto lo scopo di valutare l’impatto del quadro normativo sulla capacità dell’economia di autofinanziarsi e di crescere cercando feedback, esempi concreti e prove empiriche sull’impatto delle norme adottate fino ad oggi.
L’attenzione di Compliance Journal si è focalizzata sui risultati emersi in merito alla protezione degli investitori e dei consumatori.
In generale, alcuni intervistati hanno suggerito che un approccio a “silos” alle norme a tutela dei consumatori ha portato alla duplicazione, a definizioni divergenti, all’aumento dei costi di conformità, alla mancanza di chiarezza per i consumatori ed infine alla moltiplicazione dei costi e dello sforzo delle autorità competenti. Altri, invece, hanno sostenuto che l’effetto cumulativo di MiFID II, di Insurance Distribution Directive (IDD), le regole sui Packaged Retail and Insurance-based Investment Products (PRIIPs) e le recenti iniziative sui fondi hanno portato a promuovere un terreno di gioco comune tra canali di distrubuzione di strumenti finanziarie e prodotti assicurativi rispetto a prima.
Per quanto riguarda gli obblighi di informativa agli investitori al dettaglio, gli intervistati hanno espresso opinioni circa l’incoerenza tra i diversi atti legislativi (ad esempio Solvency II, MiFID/R, UCITS, Mortgage Credit Directive (MCD), Directive on Institutions for Occupational Retirement Provision (IORP), Prospectus Directive (PD), Transparency Directive e Market Abuse Regulation. Gli esperti di settore hanno sostenuto che queste impongano un eccessivo onere per le imprese, mentre offrono agli investitori al dettaglio un valore aggiunto limitato. Il risultato di ciò è che gli investitori al dettaglio saranno informati in diverse e molteplici maniere per prodotti simili, plausibilmente con con un impatto negativo sulla loro capacità di comprendere il prodotto e di paragonarne le caratteristiche.
In particolare, alcuni rappresentanti del settore hanno indicato un disallineamento degli standard di vendita (ad esempio le condizioni per il pagamento delle commissioni e degli altri incentivi e la comunicazione dei costi) tra i prodotti di investimento (MiFID II) e prodotti di investimento basati sulle assicurazioni (IDD), sostenendo che questo porterebbe a distorsioni del mercato e diversi standard di protezione degli investitori retail.
Alcuni gestori di fondi ed associazioni di categoria, hanno suggerito che i requisiti per le società di gestione di gestione in merito al Key Investor Information Document (KIID) per ogni fondo UCITS armonizzato gestito dovrebbe essere modificato. Dal loro punto di vista, gli investitori professionali non hanno bisogno di un KIID.
Le associazioni dei consumatori, in aggiunta, hanno riportato che, nonostante la disclosure sia un elemento importante per la protezione degli investitori, esse auspicano che questa venga affiancata da strumenti ulteriori. Essi auspicano per una supervisione più effettiva da parte delle Autorità di Vigilanza al fine di aumentare la protezione dei consumatori. L’elemento a supporto di tale tesi è che in aggiunta alle varie informative pre e post contrattuali, al cliente dovrebbe essere offerti strumenti di confronto imparziali e servizi di consulenza ed intermediazione indipendenti e a prezzi abbordabili.
Infine, i rappresentanti dei consumatori hanno anche sottolineato le carenze nelle procedure di reclamo e di ricorso, sostenendo che i regimi di risoluzione alternativa delle controversie dovrebbero essere realmente indipendenti e supportati da tutto il settore finanziario.
Appare quindi un quadro tuttora frammentato, poichè le conclusioni tratte dagli operatori per lo più si basano su valutazioni qualitative e su studi esterni le quali riflettono le difficoltà nell’analizzare l’impatto di regolamentazioni recenti e nell’isolare gli effetti diretti della regolamentazione rispetto ad altri fattori che possono giocare un ruolo importante, come la politica monetaria e gli sviluppi macroeconomici