Lo scorso 28 gennaio si è tenuto “Il rischio fiscale nei modelli 231: una sfida anche per l’Internal Audit“, un evento organizzato da AIIA – Associazione Italiana Internal Auditors, in collaborazione con il partner BDO, sulle novità normative introdotte a dicembre 2019, nell’ambito del D.Lgs. 231/2001. In particolare, sono intervenuti i team Advisory Risk & Compliance nella persona di Stefano Minini e Tax nella persona di Eleonora Briolini, entrambi Partner BDO, organizzazione internazionale di revisione e consulenza aziendale.

Gli interventi e gli argomenti trattati

Si è parlato di normativa, metodologie, impatti per la professione degli auditors, si racconta un case history realizzato in Camozzi.

Nel suo intervento di benvenuto, il Direttore Generale dell’AIIA, Roberto Fargion, ha sottolineato che la partecipazione è superiore a qualunque altro evento organizzato dall’ente negli anni più recenti. E, nel corso degli interventi, si è delineato sempre più perché la tematica abbia attratto così tanti professionisti, consulenti, fiscalisti, oltre che auditors.

Buon governo e novità in tema fiscale

Il tema è quello del buon governo, legato alle recenti novità normative in tema fiscale e si porta dietro numerosi dubbi e timori, che trascinano il pubblico in una partecipazione attiva e numerosi quesiti e commenti, al termine degli interventi.

Come dicevamo, il punto di partenza è l’articolo 39, comma 2, del Decreto Fiscale che ha introdotto l’articolo 25-quinquiesdecies nel Decreto 231/2001, e che racchiude quelli che sono considerati i reati tributari ai fini della 231, stabilendo sanzioni pecuniarie per:

  1. Delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2 comma 1 e comma 2-bis;
  2. Delitti di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici previsto dall’articolo 3;
  3. Delitti di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 8, comma 1 e comma 2-bis;
  4. Delitti per occultamento o distribuzione di documenti contabili previsto dall’articolo 10;
  5. Delitti di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte previsto dall’articolo 11.

Direttiva PIF

Ma l’evoluzione del quadro normativo non si limita al Decreto 231. Infatti, in parallelo, il Governo ha recepito la Direttiva (UE) 2017/1371relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale”, cosiddetta “Direttiva PIF”, che oltre alle sanzioni amministrative prevede anche possibili sanzioni come: l’esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico, l’esclusione temporanea o permanente da gare pubbliche, l’eventuale assoggettamento a sorveglianza giudiziaria, l’applicazione di provvedimenti giudiziari di scioglimento e la chiusura temporanea o permanente delle attività commerciali usate per commettere il reato.

Si sottolinea inoltre, che, per come è stata impostata la normativa, non vengono meno le precedenti sanzioni previste nei confronti del rappresentante legale della società, dal punto di vista della amministrazione tributaria. Al contrario, si va a sommare il nuovo quadro sanzionatorio, a carico dell’ente, qualora sia ritenuto responsabile del reato ed anche laddove la persona fisica responsabile non sia stata individuata.

Sembra ancora lontano un coordinamento più organico tra le diverse normative in ambito fiscale, come possono essere i reati penali, per il diritto amministrativo tributario, o gli illeciti amministrativi per la Consob.

Quindi, appare chiaro che le implicazioni indirette di tali novità è che le aziende devono aggiornare al più presto i propri modelli di organizzazione e gestione, con una attenzione crescente alla prevenzione dei reati fiscali. E così si aprono nuove sfide organizzative per le aziende, laddove le strutture di controllo, compliance ed audit, debbono assumere nuove forme, nuove modalità di collaborazione con gli uffici interni che si occupano di fiscalità e nuove competenze.

Enhanced Relationship

L’attenzione al tema, a livello internazionale, come si può immaginare, non è recente. Già nel 2007, l’OECD pubblica uno studio sul concetto di “Enhanced Relationship tra fisco e contribuenti, basato su alcuni principi chiave:

  • alcuni in capo alle autorità fiscali: Comprensione del business; Imparzialità; proporzionalità; trasparenza; reattività;
  • altri in capo alle imprese: comunicazione spontanea e trasparenza.

Co-operative Compliance

Poi il concetto diviene “Co-operative Compliance” nel 2013.

Il nuovo rapporto pubblicato dall’OECD entra nel merito del rapporto tra i contribuenti, con particolare attenzione alle grandi imprese, e gli enti tributari e raccomanda lo sviluppo di una relazione basata sulla fiducia e sulla cooperazione, dove la condivisione sulla governance interna, al fine di creare validi presidi sui rischi fiscali, diventa uno dei pilastri chiave del rapporto stesso.

A livello nazionale, la Legge 23 del 2014, “Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”, viene seguito dal “regime di adempimento collaborativo”, istituito con il decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, rubricato “Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione degli articoli 5, 6 e 8, comma 2, della legge 11 marzo 2014, n. 23”.

Secondo quanto riportato dal sito della Agenzia delle Entrate, possono aderirvi i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di operare in violazione di norme di natura fiscale o in contrasto con i principi o con le finalità dell’ordinamento tributari.

L’obiettivo è quello di “instaurare un rapporto di fiducia tra amministrazione e contribuente che miri ad un aumento del livello di certezza sulle questioni fiscali rilevanti. Tale obiettivo è perseguito tramite l’interlocuzione costante e preventiva con il contribuente su elementi di fatto, ivi inclusa l’anticipazione del controllo, finalizzata ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali. È un istituto che prevede l’adesione volontaria del contribuente qualora sia in possesso di requisiti soggettivi ed oggettivi come di seguito esposti”.

Supporto e accompagnamento delle imprese per il Tax Control Framework

I team Tax e Advisory Risk & Compliance di BDO in Italia supportano e accompagnano imprese di grande e di media dimensione nella definizione di quello che, con gergo anglosassone, viene chiamato Tax Control Framework, e che viene proposto come uno strumento organizzativo funzionale sia per l’aggiornamento dei modelli organizzativi 231 per i reati fiscali ma anche, in senso più ampio, per instaurare rapporti di collaborazione con l’amministrazione tributaria, sulla base del principio di Co-operative Compliance.