CONFLITTO A HARVARD: LE ORIGINI DELLA DISPUTA CON TRUMP
Il contrasto tra il governo di Donald Trump e l’Università di Harvard, esteso anche ad altre istituzioni accademiche di prestigio negli Stati Uniti, a prima vista potrebbe sembrare solo l’ultimo episodio di un lungo confronto tra l’amministrazione e il settore pubblico. Tuttavia, la questione è innanzitutto economica, per poi espandersi in un confronto culturale che tocca sia la politica estera che le profonde divergenze politiche che persistono da decenni tra i liberal-democratici e i repubblicani.
Recentemente, durante queste settimane di intensa tensione nelle università americane, è emerso un avvertimento del Presidente che ha minacciato di sospendere sia i finanziamenti pubblici che le iscrizioni degli studenti internazionali a Harvard, a meno che non modificasse la sua politica di interazione con il governo: «Se Harvard non dimostrerà di rispettare pienamente i suoi obblighi», ha dichiarato Trump, facendo riferimento alla necessità di monitorare le ammissioni, le assunzioni e l’orientamento politico dell’ateneo, potrebbe perdere le agevolazioni fiscali di cui beneficia da anni. Inoltre, se il confronto con la Casa Bianca dovesse continuare, l’università del Massachusetts potrebbe «perdere il privilegio di iscrivere studenti internazionali».
Negli ultimi anni, il livello di proteste contro studenti e docenti ebrei ha fatto riemergere il grave problema di un antisemitismo latente tra gli iscritti e alcuni gruppi pro-Palestina e musulmani: il conflitto tra Israele e Hamas ha intensificato tale situazione, con la vittoria di Donald Trump nelle ultime elezioni presidenziali che ha portato a un cambiamento significativo nel rapporto tra le università di élite e la Casa Bianca.
Le minacce di interruzione dei fondi in risposta ad altri episodi di antisemitismo si aggiungono alla lotta della destra repubblicana contro le politiche “woke” insegnate in molti atenei: l’ambito educativo è teatro di uno scontro ideologico tra la sinistra democratica e la destra GOP, con l’una che accusa l’altra di voler controllare l’avversario e con Trump in particolare che vede in università come Harvard un costante fastidio per gli «indottrinamenti woke, antisemiti e pro-Palestina».
“UNA BARZELLETTA CHE INSEGNA L’ODIO”: TRUMP ATTACCA E LE POSSIBILI CONSEGUENZE
Nel suo ultimo attacco contro Harvard, che ha ribadito di non voler rinunciare «alla nostra indipendenza e ai nostri diritti costituzionali», Trump ha descritto l’università come una “barzelletta che insegna odio e stupidità, e produce cervelli di gallina”, affermando che per questo «non dovrebbe più ricevere fondi federali». A differenza di altre università che hanno accettato il confronto con Trump, Harvard ha categoricamente rifiutato la richiesta del Governo di supervisionare gli orientamenti politici tra le nuove assunzioni: «Né Harvard né nessun’altra università privata può permettersi di essere assorbita dal governo federale», ha sottolineato il presidente Alan Garber in una dura dichiarazione contro l’amministrazione Trump.
Il punto cruciale ribadito dall’ateneo, che ha prodotto ben 162 premi Nobel nella sua storia, è che l’educazione americana, e in generale quella privata, non può accettare che lo Stato imponga cosa e come insegnare, chi ammettere e quali ricerche perseguire. D’altra parte, la Casa Bianca enfatizza che non si tratta di imporre un pensiero ma di contrastare l’egemonia liberal che nei decenni ha generato una classe culturale e politica fortemente avversa a ogni posizione della destra repubblicana.
Il conflitto è destinato a continuare, con Obama e Biden che hanno immediatamente difeso Harvard e chiunque si “opponga” alle richieste del Presidente USA: la storica battaglia tra conservatori e progressisti rischia di degenerare in un’escalation di opposizioni e minacce, con conseguenze potenzialmente disastrose per i fondamenti del libero pensiero. Mentre i democratici accusano Trump di voler dettare le linee educative delle università private, i repubblicani lamentano come Harvard e altri atenei «violino il titolo VI della Costituzione e tollerino l’antisemitismo», vedendo in queste istituzioni delle élite liberal pronte a contrastare l’odiato magnate.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.