UE: L’ossessione per le Regole di Bilancio Ignora il Cruciale Dilemma della Crescita!

L’Europa si è finalmente risvegliata? Guardando agli eventi della settimana scorsa, sembrerebbe proprio di sì. Forse è ancora presto per definirlo un cambiamento radicale, ma un segnale di risveglio è certamente percepibile. Ora è il momento di prepararsi e vestire i panni adeguati per affrontare le nuove e complesse sfide che ci attendono.

Il primo a muoversi è stata Ursula von der Leyen, che ha annunciato un imponente stanziamento da parte dell’UE di 800 miliardi di euro per la difesa e la sicurezza comune. A seguire, Christine Lagarde ha introdotto una nuova riduzione dei tassi d’interesse, una decisione presa dalla Banca Centrale Europea.



L’ultimo annuncio, ma non per importanza, è venuto dal nuovo Cancelliere tedesco Merz. Ha fatto due dichiarazioni significative: la prima è un accordo con la Spd, appena ieri, per rilassare i vincoli di spesa per la sicurezza, superando il limite costituzionale del pareggio di bilancio; la seconda, la creazione di un fondo di 500 miliardi di euro in dieci anni destinato alle infrastrutture.



La Germania si indebita, un debito “buono” come direbbe Mario Draghi, ma soprattutto prende in mano il proprio futuro e quello europeo, accettando le responsabilità che spettano alla nazione più grande e con il maggiore prodotto interno lordo.

In un film del 1970, Tora! Tora! Tora!, l’ammiraglio giapponese Yamamoto, dopo l’attacco a Pearl Harbor, riflette: “Abbiamo risvegliato il leone che dorme”. Lo stesso leone americano che era rimasto neutrale nel conflitto mondiale. Forse Putin ha risvegliato il leone tedesco, finora restio a un confronto diretto.

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I tedeschi non hanno intenzioni bellicose verso i russi né vogliono inviare truppe in Ucraina, ma il cambiamento di atteggiamento è notevole e velocissimo dopo anni di esitazioni. “Whatever it takes”, ha affermato Merz, facendo eco a Draghi. Di fronte alla sfida imperialista di Putin e alla minaccia nazionalista di Trump, l’Europa non può più vacillare.

La proposta della Presidente della Commissione ha suscitato sorpresa e controversie, sia a destra che a sinistra. Dopo un primo momento di sollievo, sono emersi dubbi e perplessità: Quanto costerà? Chi pagherà? Sarà efficace? Non si tratta forse di una corsa agli armamenti che potrebbe condurre a un conflitto mondiale? Il Consiglio europeo straordinario ha approvato un aumento della spesa per la difesa, ma Orbán non ha sostenuto l’assistenza all’Ucraina.

L’ultima parola spetterà al Consiglio ordinario, convocato per il 20 e il 21 del mese corrente. Uno dei punti controversi riguarda l’utilizzo dei 350 miliardi di euro destinati ai fondi di coesione. Giorgia Meloni, per esempio, si è espressa in contrario. Su questo, ogni Paese deciderà autonomamente, incontrando qui uno dei tanti ostacoli alla difesa europea: il totem dell’unanimità. È chiaro che sarà necessario abbandonarlo, procedendo come si è fatto con l’euro. L’Europa a più velocità sarà una regola sempre più applicata, in attesa del voto a maggioranza come principio base della governance dell’Unione.

Le preoccupazioni sui costi sono comprensibili, perché se è vero che servono più cannoni, non si può rinunciare al burro. In altre parole, l’UE non sarà forte, nemmeno militarmente, se non sarà economicamente solida. Per questo, gli investimenti nella difesa sono cruciali, ma non sono l’unico motore di crescita; del resto, non si tratta di una corsa sfrenata agli armamenti, ma di rafforzare lo scudo europeo nel momento in cui quello americano si abbassa.

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Per rilanciare la crescita è necessaria una politica monetaria espansiva e finanze pubbliche ordinate ma flessibili, abbandonando regole rigide e obiettivi ormai superati. Che senso ha mantenere un limite al debito al 60% del PIL quando, a causa della crisi finanziaria e poi della pandemia, tutti i Paesi hanno superato tale soglia e chi non l’ha fatto per ideologia ha pagato con una recessione e una prospettiva di stagnazione? Ci riferiamo, naturalmente, alla Germania pre-Merz.

Bene, quindi, la riduzione del costo del denaro, bene una spesa pubblica incentrata sugli investimenti strategici (non solo armi, ma anche infrastrutture e alta tecnologia). Ben venga un’Europa che non sia più debole e vulnerabile, nonostante le sue ricchezze, le sue capacità, la sua industria e il suo stato sociale capace di evitare le gravi lacerazioni sociali che negli USA hanno alimentato l’ostilità e il rancore contro le istituzioni democratiche. Ma è essenziale che ciò non dipenda solo dalla buona volontà dei singoli governi.

Il Consiglio europeo deve fare una scelta chiara, deve adottare una strategia comune lasciando poi a ciascuno Stato la modalità e i tempi per realizzarla. Il tempo stringe e tra dieci giorni sapremo.

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