Il Ministro delle Finanze francese Sapin ha dichiarato che non vi sarà alcun Passaporto per la Gran Bretagna a meno che non venga negoziato a fronte di reciproche concessioni.

Capiamo meglio: cosa significa Passporting?

L’adesione all’UE dà accesso alla GranBretagna a ciò che è  l’area finanziaria unita, un unico insieme di regole che consente alle banche, tra cui molti Stati Uniti e le altre istituzioni non europei, di operare liberamente attraverso i confini dell’area.

Come lo spazio Schengen, a cui la Gran Bretagna non ha mai aderito, permette ai cittadini di viaggiare senza  controlli di frontiera, il mercato unico consente a  gestori di fondi e alle imprese di investimento di operare in tutta l’UE senza regole diverse e controlli nazionali.

Il sistema è basato su un principio di “Passporting” che consente alle banche britanniche autorizzate di aprire filiali in paesi dell’UE semplicemente con un preavviso alle autorità di vigilanza del Regno Unito.

Quali sono i vantaggi?

Questo è un grosso vantaggio per la Gran Bretagna, poiché le banche con sede nel Regno Unito e le imprese di investimento hanno un ruolo chiave nei mercati finanziari europei per i derivati in valuta estera, per i prestiti bancari cross-border, per l’asset management ed i servizi assicurativi. I servizi finanziari pesano in maniera importante sul PIL della Gran Bretagna e diverse banche inglesi operano attivamente in Europea con sedi sul territorio.

Cosa accadrà quindi in caso di Brexit?

Le banche sarebbero ancora in grado di costituire “subsidiaries” anziché filiali nei paesi europei in cui cercano di operare, ma questo implicherebbe impegni più grandi e maggiori costi. Infatti le  società così costituite vivranno di vita propria, con un conto economico e stato patrimoniale propri, richiedendo una capitalizzazione separata. Inoltre saranno soggette alla regolamentazione nazionale e potenzialmente ad una limitazione della liquidità.




Vi sono sistemi alternativi?

La Gran Bretagna potrebbe teoricamente mantenere il sistema di passaporto se entrasse a far parte dello Spazio economico europeo, di cui l’Islanda, Norvegia e Liechtenstein sono membri. Ma questo significherebbe applicare automaticamente tutte le norme UE senza la possibilità di influenzarne la legislazione.

In alternativa, la Gran Bretagna potrebbe tentare di negoziare accordi su misura con l’UE, come ha fatto la Svizzera, tuttavia per raggiungere questo obiettivo ci sono voluti due anni di negoziati.

Nel caso la Gran Bretagna propendesse per la “way out” il trattato UE all’articolo 50 prevede un periodo di due anni al fine di negoziarne l’uscita. Tale periodo potrebbe essere esteso solo con un accordo unanime ed il conto alla rovescia inizierà quando il governo britannico avrà formalmente notificato ai membri dell’UE la sua intenzione di uscirne. Oltre alla Groenlandia nel 1985, l’Unione europea non ha precedenti nella gestione di una richiesta di uscita e, trent’anni dopo, l’Unione è un’ organizzazione molto più complessa e ampia.

Sicuramente un’uscita avrà impatti decisivi su tutto il settore finanziario che gode di indubbi benefici da un esito positivo del referendum. Nel breve periodo le imprese di investimento e le banche dovranno reinventare i loro rapporti con il vecchio continente e capire la convenienza eventuale nel mantenere business, sedi e relazioni.

Non ci resta che attendere l’esito del referendum per capire quali opzioni la Gran Bretagna deciderà di seguire. Intanto segui Compliance Journal su Linkedin.