“Abbiamo trionfato!”. Queste sono le parole che il presidente della Federal Reserve, Powell, ha pronunciato recentemente, ricordando l’atteggiamento di molti politici locali di varie fazioni, che dichiarano vittoria dopo ogni elezione, indipendentemente dall’esito. Sembrano sempre soddisfatti, come se avessero sempre raggiunto i loro obiettivi.
Powell ha essenzialmente annunciato un riduzione dei tassi prevista per settembre, giustificandola con il raggiungimento dell’obiettivo di inflazione del 2%. Questo permetterà di allentare la pressione sull’economia e sul sistema finanziario, abbassando i tassi e facendo ripartire il ciclo del denaro facile, che continua a gonfiare i mercati finanziari.
Come già sottolineato, la strategia degli ultimi anni di agire solo dopo aver visto i dati è sintomo di una mancanza di visione e di capacità interpretativa, che impedisce di pianificare il futuro e costringe a reagire agli eventi passati. Agire in questo modo significa essere alla mercé degli eventi, senza alcuna chiara direzione o comprensione delle dinamiche in atto.
È una situazione estremamente grave, paragonabile a girare il volante per prendere una curva solo dopo che l’auto è già uscita di strada. Tuttavia, nessuno sembra preoccuparsene. Powell afferma che le cose vanno abbastanza bene, citando i dati sull’occupazione (4,3% di disoccupazione) che non sono così negativi, nonostante i tassi siano stati alti per lungo tempo e oggi si attestino ancora al 5,50%. Tuttavia, non menziona che i dati sul mercato del lavoro sono tra gli ultimi a rivelare una crisi in corso.
E in Europa come si muoveranno? Quali strategie adotteranno alla BCE? I dati europei differiscono e, utilizzando gli stessi parametri, dovrebbero comportarsi diversamente. Infatti, l’inflazione in Europa è già in aumento, ma la crisi persiste. L’inflazione è scesa al 2,2% rispetto al precedente 2,6%, ma la Germania è ancora in recessione, con il PIL che continua a diminuire, seppur leggermente. Non sorprende quindi che l’indice Ifo sulla fiducia delle imprese tedesche sia in calo. Cosa fare quindi? Seguire la Fed e abbassare i tassi per sostenere l’economia? Ma se l’inflazione è già in aumento, si rischia di farla esplodere. Aumentare i tassi per contenere l’inflazione? Ma così facendo si aggraverebbe ulteriormente una economia già debilitata. Cosa fare?
Questo è esattamente il vicolo cieco delle banche centrali che ho preannunciato più volte in queste pagine. Non sono un genio, bastava osservare la realtà e applicare il buon senso. Il buon senso ci diceva che l’inflazione non era causata da un eccesso di moneta, ma da una combinazione di cicli economici e fattori esterni (la pandemia, la guerra in Ucraina). Dunque, combattere questa inflazione con strumenti monetari era decisamente l’approccio sbagliato, che avrebbe solo depresso ulteriormente l’economia.
I dati hanno semplicemente confermato questo scenario: i tassi sono ancora alti (al 4,5%) e dovrebbero scendere perché la maggiore economia europea continua a regredire (-0,1% il dato più recente del PIL), ma nel frattempo l’inflazione ha ripreso a crescere: in Germania è al 2,2%, in Italia all’1,3%, in Francia al 2,6%, in Spagna al 2,9% (+2,2% l’ultimo dato per la zona Euro).
Rimanere fermi, con i tassi al 4,5%? Ma ciò porterebbe a un deprezzamento del dollaro rispetto all’euro, tanto che, dato che i mercati finanziari anticipano i movimenti, il cambio euro/dollaro è già salito oltre 1,10, un livello che non si vedeva da dicembre 2023, ben venti mesi fa.
Ecco il grafico dei primi di agosto.
Tuttavia, tutto ciò non è privo di conseguenze, influenzando gli scambi commerciali, con maggiori difficoltà nelle esportazioni, e sappiamo quanto l’economia tedesca (e anche la nostra, anche se abbiamo il grande vantaggio del turismo) dipenda dalle esportazioni.
In poche righe, ecco descritto il “vicolo cieco” delle banche centrali: una situazione in cui qualsiasi cosa facciano, causano danni.
Questo è il risultato inevitabile di politiche monetarie che non hanno mai affrontato il problema alla radice, ovvero un’architettura finanziaria, bancaria e monetaria non progettata per lo sviluppo economico e il benessere dell’economia reale, ma per arricchire i più ricchi e potenti.
Tuttavia, è un’architettura così mal costruita che non funziona, nemmeno per i ricchi, destinati a soccombere in un gioco al massacro in cui i più deboli cadono per primi; ma poi tocca agli altri.
Ciò che è necessario, ciò che accadrà è il ritorno a monete locali (nazionali) gestite in funzione dello sviluppo dell’economia locale. Per questo motivo, ho sempre sostenuto che non basta semplicemente tornare alla sovranità monetaria, ma è essenziale che questa venga utilizzata funzionalmente per lo sviluppo economico locale.
Se questo è il futuro che prima o poi si verificherà, il problema è la gestione di questa transizione verso una nuova architettura monetaria e l’abbandono dell’ideologia neoliberista che fino ad oggi ha dominato le scelte di politica monetaria. E questa transizione, ad oggi, è un grosso problema.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.