Finanza: Azioni vs Bond, il Gioco che Inaridisce il Mercato!

Il nuovo schema per il rinnovamento del Sistema ha iniziato a manifestarsi recentemente. Tuttavia, sembra essere passato inosservato.

Questo è un campanello di allarme, non per svegliarvi al mattino per andare a lavorare, ma per risvegliarvi dall’apatia in cui, come le classiche rane nella pentola che bolle, ci stiamo immergendo senza rendercene conto.

Mentre i media autorevoli erano occupati a paragonare i disordini in California a scenari di tipo cileno, con l’impiego dei marines e la richiesta di Donald Trump di attivare le leggi contro le insurrezioni, il vero piano di ristrutturazione del Sistema stava già prendendo forma. E fate attenzione ai dettagli di questa farsa riguardante i dazi, perché le cifre reali non sono quelle che ci stanno cercando di vendere.



Ad esempio, quanti di voi hanno cercato di trovare il comunicato ufficiale dell’incontro tra le delegazioni degli USA e della Cina, quello che avrebbe dovuto portare a un accordo per evitare una guerra commerciale sui dazi? Non preoccupatevi, non è colpa vostra se non l’avete trovato. Semplicemente, tale comunicato non esiste. Non c’è stato alcun accordo. E non lo dico io, ma lo ha affermato il Segretario al Tesoro degli USA, Scott Bessent, ai giornalisti.



Queste sono state le sue parole: I veri negoziati commerciali con Pechino saranno un processo molto più esteso. E cosa dire delle dichiarazioni di Howard Lutnick, Segretario al Commercio degli USA, rilasciate nello stesso contesto? Non c’è un testo dell’accordo, solo un accordo preliminare in attesa dell’approvazione del presidente Xi Jinping. Signore e signori, benvenuti al Circo Barnum. Come mai nessun giornale ha evidenziato questo punto?

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E poi c’è un aspetto da non trascurare. Secondo le poche informazioni trapelate dal vertice (tutte provenienti dagli USA, ovviamente, dato che è il paese che deve nascondere la sua vulnerabilità), il presunto accordo prevederebbe tariffe complessive verso la Cina fissate al 55%. A tasso fisso. Strano, poiché secondo l’accordo precedente, quello del 12 maggio che Donald Trump riteneva violato dall’atteggiamento della Cina e quindi necessitante di questa implementazione, le attuali tariffe USA verso Pechino erano del 30% a tasso fisso, con alcune eccezioni al 45%. Ora, si può non amare i cinesi, ma davvero pensate che accetterebbero un accordo del genere? Il popolo noto per i suoi commerci fin dai tempi di Marco Polo?



Anche in questo caso, nessun analista “autorevole” ha colto questa bizzarra conclusione. Tuttavia, come vi ho anticipato, gli Stati Uniti hanno ottenuto altri risultati significativi. In 41 sessioni di trattative, l’S&P 500 ha registrato un aumento del 20,4%, il terzo miglior rally della storia. Contemporaneamente, il Nasdaq 100 è cresciuto del 27,3%, anch’esso il terzo miglior rally dal 2002. Negli ultimi 20 anni, solo nel 2008 e nel 2020 il mercato aveva mostrato simili riprese. Non proprio anni qualsiasi: Lehman e Covid. Alla luce di ciò, l’S&P 500 e il Nasdaq 100 sono rispettivamente solo a 2,1% e 1,8% dai loro massimi storici. Solo due mesi fa, si parlava di un nuovo 1929 scatenato dalla crisi dei dazi.

Ora osservate questo grafico. Di conseguenza, oggi il mercato azionario USA è superiore di oltre il 50% rispetto a quello obbligazionario. Quando ciò è accaduto negli anni Settanta, nessuna delle due classi di asset ha mostrato un sorriso.

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Normalmente, il rapporto tra il mercato obbligazionario e quello azionario è in media oltre il 150%. Oggi è solo il 68%. Dal 2020, le azioni hanno visto un aumento del loro valore di 38 trilioni di dollari (+69%), mentre i bond solo di 17,8 trilioni (+40%). L’angolo caldo e sicuro di ogni portafoglio ha perso il suo primato, lo status di safe sta svanendo. Contemporaneamente, J.P. Morgan assegna tale status di safe collateral al Bitcoin, come vi dicevo martedì. Non sembra che, mentre Los Angeles arde attirando su di sé telecamere e riflettori, stiamo assistendo al vero grande reset?

Perché signori, oltre ai numeri già eloquenti, l’incredibile rally dai minimi di aprile – diversamente dai due precedenti – è stato conseguito senza l’intervento della Fed. E ha garantito a Wall Street una salutare purga degli eccessi. A pagarne il prezzo sono stati i soliti detentori di bond del settore retail, quindi il solito Mr. Smith che non capisce che le ville in Florida hanno un costo. E nessuno te le regala negoziando titoli a valutazioni astronomiche su Robinhood.

Volete un altro dato? Dal 5 giugno, giorno in cui è scoppiato improvvisamente lo scontro tra Elon Musk e Donald Trump, il titolo di Tesla ha registrato un +22%. Certo, quel giorno fu un disastro che tutti i giornali vi hanno raccontato. Ma già dalla campanella di Wall Street del giorno dopo, è stato un trionfo. Una bella recita.

E ora? Ora si stanno preparando i casus belli per le grandi occasioni. Nel mirino è finito l’Iran, il grande bersaglio. Israele sembra pronta a colpire e, casualmente, gli ispettori dell’IAEA hanno certificato con tempismo perfetto che Teheran sta violando gli accordi sull’arricchimento dell’uranio. Per coincidenza, l’Arabia Saudita ha continuato a spingere perché l’OPEC aumentasse la produzione di petrolio. Sapete quanto J.P. Morgan stima il prezzo del barile in caso di attacco di Tel Aviv? A 120 dollari al barile. Oggi non supera i 70. A cosa può servire una escalation globale di questa portata?

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Ecco qui. Dopo tanta pantomima, quei 7 trilioni di debito da rifinanziare entro fine anno sono diventati un’emergenza pubblica. Con toni da fine del mondo, richiamando la crisi subprime e il crollo di Lehman.

E se il mondo va a fuoco, chi si preoccuperà mai dell’inflazione? E, soprattutto, se il mondo va a fuoco, come investitore punti sull’azionario o sul bene rifugio della carta di Zio Sam? Proprio così. Chapeau al Sistema. Diabolico ma assolutamente geniale. Ai limiti del capolavoro.

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