Le metropoli stanno affrontando trasformazioni cruciali per garantire la sostenibilità sociale. Milano in particolare si sta interrogando su queste questioni.
Le principali città mondiali stanno vivendo una fase di transizione caratterizzata da nuove sfide legate alla sostenibilità. Queste non riguardano solamente l’ambiente e il clima, ma anche le mutate dinamiche economiche che sollevano questioni inedite di sostenibilità sociale.
A due anni dalle elezioni, e quindi lontani da logiche di propaganda, gli assessori milanesi Alessia Cappello ed Emmanuel Conte, incaricati di settori cruciali per lo sviluppo economico cittadino, hanno organizzato un evento biennale per discutere e raccogliere idee, quesiti e proposte per il futuro di Milano.
Il tema conduttore dei vari panel di discussione, che hanno visto la partecipazione di esponenti del mondo economico, sociale, accademico e culturale della città, insieme a rappresentanti di altre grandi città italiane, è stata una riflessione tratta da “Le città invisibili” di Italo Calvino, che sostiene: “di una città non godi delle sette o delle settantasette meraviglie, ma la risposta che essa dà a una tua domanda”.
A Milano si stanno ponendo molte domande. La città ha sperimentato un lungo periodo di crescita dovuto a un rinnovato appeal. L’aumento del turismo, che è passato da 5 a 9 milioni di visitatori annuali, ha cambiato i servizi offerti, le aree dedicate e le strutture abitative per soggiorni brevi, influenzando la conformazione urbana.
Nel contempo, Milano rimane la città italiana più attrattiva per l’istruzione superiore, attirando studenti da tutta Italia e circa 80.000 dall’estero. Le sedi di grandi aziende che hanno scelto la città per i loro quartier generali e per la ricerca e sviluppo sono in aumento. La città ha sfruttato e condiviso la fase di crescita e ora si interroga su come mantenere e sviluppare le proprie caratteristiche storiche.
Le radici riformiste di Milano hanno fornito le capacità per navigare i periodi di grandi cambiamenti sociali, unendo crescita produttiva e solidarietà. La società milanese si è distinta per essere competitiva e socialmente inclusiva, mantenendo la generazione di ricchezza insieme a politiche di coesione sociale. Queste sfide sono state affrontate rifiutando la nostalgia del passato, ma sempre guardando al futuro arricchendolo con i valori delle sue radici.
Non sorprende che durante i due giorni di fervidi interventi sia ricomparso l’arcivescovo ambrosiano Ariberto, autore nel XI secolo della definizione di “milanese è chi lavora a Milano”, un concetto all’epoca innovativo riguardo l’acquisizione della cittadinanza. È ancora oggi un monito per rimanere una città accogliente per chi contribuisce con il proprio lavoro al suo funzionamento.
Il tema dell’accoglienza è ora una sfida che attende molte risposte dalla politica. Il nuovo turismo richiede di conciliare l’accoglienza temporanea con il diritto alla casa per chi vive permanentemente in città. Le nuove migrazioni, sia economiche sia di solidarietà politica, richiedono interventi per un’integrazione reale nel tessuto sociale urbano. Gli studenti che scelgono Milano richiedono strutture di accoglienza per il periodo degli studi e, talvolta, anche per i primi anni di lavoro. Inoltre, emerge il problema del lavoro povero.
Se chi lavora a Milano non può più permettersi di viverci, dobbiamo forse rivedere il concetto aribertiano della nostra ospitalità cittadina?
Di fronte a queste sfide, la città ha già iniziato a fornire risposte. Il piano casa, che prevede la costruzione di 10.000 alloggi affittabili a un canone adeguato agli stipendi medi e bassi, rappresenta la ripresa di una capacità di rispondere a uno dei problemi più pressanti. Tuttavia, è evidente che solo la politica amministrativa ha limitazioni nel rispondere strutturalmente con i propri strumenti.
Il tema abitativo, come molti altri settori d’investimento, richiede nuove leggi nazionali o regionali per supportare i cambiamenti necessari che i comuni devono attuare per rispondere alle nuove esigenze che emergono con la crescita urbana. Si parte dalla necessità di investire in tutti i servizi di rete nell’area metropolitana, superando la frammentazione municipale che caratterizza le scelte attuali. D’altra parte, c’è un Governo nazionale che, quando non è esplicitamente contrario a Milano e alla sua area metropolitana, semplicemente la ignora.
Il panel di confronto tra amministratori, forze sociali, rappresentanti sindacali e delle categorie produttive ha così potuto affrontare tutti i temi sollevati nel dibattito, cercando di indicare possibili percorsi.
L’ipotesi di un salario minimo, sia nella versione legislativa che in quella “volontaria” per accordo locale, è stata accantonata perché ritenuta semplificatrice e talvolta addirittura controproducente. I problemi principali riguardano la lotta contro il lavoro nero o grigio, che nei servizi troppo spesso porta a situazioni di salari sotto la soglia della povertà. Insieme, si devono affrontare i costi di quei servizi che possono contribuire a dare più valore localmente ai salari contrattuali e ai meccanismi di recupero del valore reale che possono essere implementati a livello locale per garantire il rispetto dei termini di scadenza.
Questi sono i temi che possono portare a una contrattazione in cui il welfare territoriale può diventare un supporto all’obiettivo di un reddito compatibile con il costo della vita nella grande Milano.
L’amministrazione comunale milanese, anche in assenza di espliciti compiti amministrativi, ha dimostrato nel corso degli anni di saper esercitare il ruolo di coordinatore di tavoli di confronto che hanno portato ad accordi locali per favorire servizi per il lavoro femminile (anni ’70 con il Sindaco Aniasi), sul nuovo mercato del lavoro (anni ’90 con il Sindaco Albertini e la collaborazione di Marco Biagi) fino al Patto per il lavoro promosso dall’assessore Cappello con l’attuale Giunta.
Si può quindi partire da qui per formare un tavolo di confronto politico prima che amministrativo, che potrà indicare interventi per ottimizzare i servizi di welfare cittadino sviluppando anche collaborazioni pubblico-privato e indicare riforme utili e necessarie alle assemblee legislative competenti.
La conclusione dei due intensi giorni di confronto può dare vita a una fase operativa di dialogo dove politica e rappresentanze sociali possano scrivere e attuare un patto d’azione per portare avanti la capacità di continuare a creare sviluppo coniugando crescita e sostenibilità, lavoro e diritti di cittadinanza. Milano eserciterà così un ruolo da capofila nella ricerca di risposte che riguardano la vita di tutte le grandi città.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.